Stagione 2019/2020 | 8 ottobre 2020
BANGLA
Regia: Phaim Bhuiyan
Sceneggiatura: Vanessa Picciarelli, Phaim Bhuiyan
Fotografia: Simone D'Onofrio
Musiche: Dario Lanzellotti
Montaggio: Roberto Di Tanna
Scenografia: Mauro Vanzati
Costumi: Patrizia Mazzon
Suono: Vincenzo Urselli
Interpreti: Phaim Bhuiyan (Phaim), Carlotta Antonelli (Asia),
Alessia Giuliani (Carla), Milena Mancini (Marzia), Simone Liberati (Matteo),
Pietro Sermonti (Olmo), Davide Ornaro (Fede), Sahila Mohiuddin (Navila), Nasima
Akhter (Nasima), Rishad Noorani (Shipon), Fabian Durrani (Fayruj), Sanija
Shoshi Haque (Shoshi), Tangir (sé stesso), Raja Sethi (Rifat)
Produzione: Domenico Procacci per Fandango, Annamaria Morelli
per TimVision
Distribuzione: Fandango
Durata: 86'
Origine: Italia, 2018
Data uscita: 16 maggio 2019
Phaim è un giovane musulmano di origini bengalesi
nato in Italia 22 anni fa. Vive con la sua famiglia a Torpignattara, quartiere
multietnico di Roma, lavora come steward in un museo e suona in un gruppo. È
proprio in occasione di un concerto che incontra Asia, suo esatto opposto:
istinto puro, nessuna regola. Tra i due l'attrazione scatta immediata e Phaim
dovrà capire come conciliare il suo amore per la ragazza con la più inviolabile
delle regole dell'Islam: la castità prima del matrimonio.
Un romanzo di
formazione, un’esplorazione adolescenziale del mondo, della vita, dell’amore,
declinato nell’Italia multietnica di oggi. Tutto ciò è “Bangla”, presentato con grande successo di pubblico nella sezione Voices
dell’IFFR 2019. Phaim è nato in Italia, parla con accento romanesco e vive in
quel melting pot che è il quartiere romano di Torpignattara. Phaim è
evidentemente la trasposizione dello stesso Phaim Bhuiyan, regista che mantiene
il proprio nome nel personaggio che pure interpreta. Raccontando della propria
vita e della conflittualità tra i valori morali tradizionali della sua famiglia
e i costumi liberi dei suoi coetanei. Nella sua vita entra un ciclone,
rappresentato da Asia, la ragazza con cui vive la sua prima storia d’amore, cui
segue anche la prima crisi. Asia è un personaggio solare che si distingue tra
le tante figure di italiani che rimangono sottilmente e più o meno
inconsciamente razziste. Ci sono le amiche di Asia che lo considerano come un buffo
oggetto di curiosità. C’è la famiglia di Asia i cui membri si accapigliano in
discussioni politiche, facendo a gara a chi è più progressista: prima si
indignano perché in Italia non c’è lo ius soli e poi esibiscono un senso di
patriottismo risentendosi perché gli immigrati considerano il bel paese solo
come una tappa, non dandogli l’importanza che meriterebbe.
La vita di Phaim è come
lui la mette in scena con evidente sincerità, è un’energia giovanile
imbrigliata da quelle ancore familiari che pure non condanna. Come le opere
d’arte della galleria in cui lavora, ingessato con il ruolo di chi è lì a dire
di non fare fotografie o non avvicinarsi, è protetto e racchiuso in una cappa
famigliare asfissiante. Sarà Asia con i suoi stimoli a provocare le prime incrinature,
proprio come quando la ragazza si avvicina agli oggetti esposti,
provocatoriamente suscitando l’allarme dei sensori. Sensori che suonano come
avvertimento a non avvicinarsi, come sono i comandi del mentore musulmano della
comunità, che pure alla fine rivelerà le sue debolezze. La vita di Phaim è un
anelito alla libertà, al passare da quei vasi al chiuso protetti da raggi
laser, all’arte libera della street art, di quel grande murales che campeggia a
Torpignattara, contemplato da Asia e Phaim.
Phaim Bhuiyan si mostra
un regista spigliato ed emancipato come il suo personaggio nella fase più
matura. Usa uno stile accattivante fatto di continui passaggi onirici, di
momenti di interruzione del flusso narrativo e della convenzione
cinematografica, quando parla rivolgendosi in camera. C’è quel brillante
incipit, che inizia in soggettiva, dove Phaim inizia un sogno erotico da cliché
di un film porno, dove pure non manca di sottolineare la precarietà dei
fattorini che consegnano piatti a domicilio. C’è tutta la presentazione, come
fossero squadre di calcio, delle varie etnie sociali di Torpignattara. C’è poi
quella scena al bar dove tiene insieme le due situazioni, Phaim occupato a
parlare con le ragazze, mentre Asia si avvicina pericolosamente a un vecchio
affascinante amico, restituendo lo stesso spaesamento del protagonista. Uno
stile che fa venire in mente, ovviamente Woody Allen, ma anche quello che è
stato un film innovativo nel cinema italiano come “Tutti giù per terra” di Davide Ferrario, un film che pure era il
ritratto di una generazione. Phaim Bhuiyan evita comunque gli eccessi di quel
film, le sue trovate sono sempre organiche e contenute.
“Bangla” si chiude ancora con una soggettiva, dopo quella onirica
dell’inizio, che non combacia però con quella del protagonista. Ce ne andiamo,
lo lasciamo in quel momento di intimità e ci congediamo chiudendo quella porta
che è stata incautamente lasciata aperta. Che succederà? Una storia d’amore si
può sospendere se uno dei due partner deve andare a Londra. Succedeva allo
stesso Woody Allen alla fine di “Manhattan”:
ci sono precedenti illustri.
In “Bangla” l’unico riferimento alla
situazione politica è quello allo ius soli, che rappresentò un elemento forte
di dibattito nelle scorse legislature. E ovviamente il film deve essere stato
concepito e sceneggiato prima della situazione attuale. Non si può non notare
comunque che in un’Italia che chiude i porti, una ventata di freschezza, nel
melenso panorama del cinema italiano, arrivi da uno straniero di seconda
generazione.
Giampiero Raganelli, Quinlan
In ritardo sui tempi - tanto per dire, un film come “Sognando Beckham” risale al 2002 - anche
nell'Italia sovranista si affaccia un film capace di affrontare in chiave lieve
di commedia il tema dell'integrazione e delle differenze culturali. E il fatto
che il neoregista Phaim Bhuyian, al pari del protagonista da lui incarnato, sia
un musulmano di origine bangladese oltre a conferire alla pellicola
autenticità, crea l'illusione che anche da noi, malgrado tutto, si stiano
gettando le basi di una società multietnica. Romano di Torpignattara - già
definita da Pasolini «una Shanghai di reti, palazzoni, marane» - custode in un
museo e con idee vaghe sul suo futuro, il ventiduenne Phaim si innamora di
Asia, spigliata ragazza italiana (Carlotta Antonelli, da tener d' occhio) che
ne ricambia le simpatie, ma fra senso di inadeguatezza sessuale, repressive
regole coraniche e i diktat di una famiglia ultra-tradizionale, la relazione
rischia di non decollare. Le fragilità non mancano, ma per ambientazione,
freschezza e straniato umorismo l'esordio di Bhuyian promette bene.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa
PHAIM BHUIYAN
Filmografia:
Bangla (2018)
Martedì 13 ottobre
2020:
SENZA
LASCIARE TRACCIA di Debra Granik, con Ben Foster, Thomasin
Harcourt McKenzie, Dale Dickey, Jeff Kober, Isaiah Stone
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