Stagione 2023/2024 | 21 novembre 2023
I FIGLI DEGLI ALTRI
Titolo originale:
Les enfants des autres
Regia:
Rebecca Zlotowski
Sceneggiatura:
Rebecca Zlotowski
Fotografia:
Georges Lechaptois
Montaggio:
Géraldine Mangenot
Suono: Thomas
Desjonquères
Interpreti:
Virginie Efira (Rachel Friedmann), Roschdy Zem (Ali Ben Attia), Chiara
Mastroianni (Alice), Callie Ferreira-Goncalves (Leïla), Yamée Couture (Louana
Friedmann), Henri-Noël Tabary (Vincent), Victor Lefebvre (Dylan Leklou),
Sébastien Pouderoux (Paul), Michel Zlotowski (signor Friedmann, il padre),
Mireille Perrier (signora Roucheray), Frederick Wiseman (dottor Wiseman,
ginecologo), Antonia Buresi (Mia), Marlene Saldana (Soraya), Anne Berest
(Jeanne), Marwen Okbi (Tarik), Fadila Belkebla (insegnante), Roman Kolinka
(uomo della sinagoga), Guillaume Verdier (padre di Dylan), Léo Riehl
(cameriere della birreria), Affif
Benaouda (pizzaiolo), Yann Féry (insegnante di chitarra)
Produzione:
Fréderic Jouve, Marie Lecoq per Les Films Velvet
Distribuzione:
Europictures
Durata: 104’
Origine:
Francia, 2022
Data uscita:
22 settembre 2022
Presentato in concorso alla 79. Mostra Internazionale d'Arte
Cinematografica di Venezia (2022).
Rachel è una donna che ama la sua vita, i suoi studenti, i suoi
amici, le sue lezioni di chitarra. Quando si innamora di Alì, Rachel stringe un
legame profondo con sua figlia di quattro anni, Leila. Si prende cura di lei,
come fosse sua madre, anche se non lo è. Il desiderio di una famiglia tutta sua
si fa sempre più grande, ma il tempo stringe...
Quando
si è innamorati la faccia cambia. Succede anche a Rachel, interpretata
magnificamente da Virginie Efira, protagonista de “I figli degli altri”.
L’inizio è come quello di “Parigi 13 Arr.” di Jacques Audiard (con cui
la regista Rebecca Zlotowski ha avuto la storia sentimentale che ha ispirato il
film). La tour Eiffel risplende nella notte, la cinepresa vaga tra gli edifici,
segue le luci dalle finestre, ne segue una e la osserva. Uno raccontava il
sesso come dialogo tra i personaggi, qui l’amore è un’emozione vissuta
attraverso gli occhi classici del romanticismo. Rachel si innamora di Alì, un
padre single con una figlia di 4 anni di nome Leila. È una passione potente,
felice e totalizzante. Non è però una passione esclusiva, perché il suo impatto
si propaga su altre due persone: la piccola bambina e sua madre biologica.
“I
figli degli altri” è un film fuori tempo, in cui cioè tutti i personaggi
sembrano arrivare tardi alle loro scelte di vita. C’è chi ha già figli, chi non
riesce ad averne, c’è una mamma che sta per morire e un figlio che è arrivato
troppo presto. Il conto alla rovescia inizia con un dialogo fulminante con il
ginecologo Frederick Wiseman (interpretato proprio dal grande documentarista):
«quanto tempo mi resta?» (per avere figli). «È la stessa domanda che mi pongo
io ogni mattina» risponde l’anziano uomo. Il tempo della vita scorre in molte
direzioni.
Alla
protagonista e a Rebecca Zlotowski interessa l’effetto che l’essere madre fa
sulle donne, i cambiamenti di pensiero e lo scambio tra il dare e l’avere che
la vita impone. Rachel dà agli altri tantissimo e con un’incredibile
generosità, ma lo fa anche inconsapevolmente per avere qualcosa indietro.
Glielo farò notare Alì, dopo un gesto di cura eccessivo rispetto ai confini del
suo lavoro di insegnante. L’amore come dono e dato e ricevuto.
Senza
alcun giudizio, premurandosi anzi di rappresentare solo una storia specifica, e
non desideri e condizioni universali, il film si trasforma in una affascinante
storia di cura. È tutto misurato, contenuto in un realismo emotivo
straordinario. La decisione più importante che la coppia dovrà prendere viene
mostrata inquadrando solo le due mani l’una nell’altra. Le merende portate
dalle mamme alla fine delle attività sportivi dei figli sono l’immagine più
azzeccata. Passare un succo di frutta a chi si è presentata a mani vuote è il
gesto simbolico di una solidarietà femminile che permea tutto il film. Nessuna
voglia di denuncia o di rivendicazione. “I figli degli altri” costringe
i personaggi ad accettare che le persone a cui vogliono bene abbiano un
passato. È fatto di gente che si deve abbandonare a quello che è stato, con il
rischio di affezionarsi, di rendere la vita altrui un pezzo della propria vita,
senza però possederne il controllo. Senza l’ambizione di creare un grande film,
Zlotowski raggiunge un romanticismo semplice ed emotivamente plausibile.
Peccato per alcuni orpelli visivi (i mascherini in stile nouvelle vague) o
alcuni didascalismi nella messa in scena (Parigi è raccontata visivamente
proprio male) che appiattiscono un po’ il tutto. Il risultato è però toccante,
anche se richiede una buona dose di pazienza dato il ritmo disteso. Perché
questa “seconda donna”, spesso al cinema relegata come elemento di rottura
negli equilibri, è affascinante e magnetica. Merito dello sguardo di Virginie
Efira, che recita con un’energia vitale e positiva che continua anche nei
momenti più drammatici. Regge i primi piani con una potenza incredibile. In
particolare un campo e contro campo, sul finale, racconta per immagini un modo
interiore aggrovigliatissimo.
Persino
Leila, la bambina interpretata da Callie Ferreira-Goncalves, raggiunge quella
spontaneità sufficiente a trasmettere il bisogno di calore dei più piccoli. Si
parla tramite disegni e abbracci, con oggetti e con il corpo. Si fa l’amore, ci
si diverte nel farlo. I personaggi si illudono, fraintendono i sentimenti, si
trattengono e si concedono, in un continuo cambio di idee che è adorabile per
quanto alla portata di tutti.
“I
figli degli altri” è un bell’esempio di un cinema che riesce ad essere
significativo, senza dover esibire uno stile proprio e riconoscibile. Raggiunge
tutto quello che si propone di fare e, con la semplicità dell’amore tra i
personaggi riesce a contagiare anche chi guarda.
Gabriele
Lingiardi, BadTaste.it
Nonostante
le asperità dell’esordio “Belle épine” siano ormai un ricordo, e
nonostante avessimo ingiustamente rinunciato ad aspettarci nuovi segnali da
Rebecca Zlotowski, è necessario ammettere che “I figli degli altri” si
presenta come un’opera assolutamente interessante. Formalmente potrebbe
sembrare l’ennesimo segno di un’involuzione che nella tutela della forma
rinuncia a pensare le immagini. “I figli degli altri”, invece, opera uno
scarto interessante. Riesce, nella dimensione di un racconto apparentemente
tradizionale, a creare uno spazio non lineare per permettere alla protagonista
non solo di esistere ma di prendersi il tempo necessario per esserci nel film,
a dispetto della struttura tripartita della sceneggiatura. Rachel (Virginie
Efira) incontra Ali (Roschdy Zem), divorziato con figlia a carico.
L’innamoramento è intenso ma il rapporto di Ali con la figlia è talmente forte
che non solo esclude progressivamente lo spazio di Rachel ma lo riconduce anche
fra le braccia della ex moglie Alice (Chiara Mastroianni). Rebecca Zlotowski
mette in relazione cose molto complesse. La difficoltà di restare incinta, la
gestione del desiderio e della seduzione, il rapporto con le origini (Michel
Zlotowski, padre della regista, interpreta il genitore di Rachel),
l’impossibilità di trasferire le proprie mancanze nella persona di una bambina.
Rachel resta così di fatto un corpo estraneo. Mancante a sé stessa e agli
altri. La regia della Zlotowski, prossima al neoclassicismo di una Nicole
Garcia, permette di sentire Rachel, e al film di pulsare di un’inquietudine
generosa che resta a lungo sulla pelle.
Giona A. Nazzaro, Film Tv
REBECCA
ZLOTOWSKI
Filmografia:
Belle épine
(2010), Grand Central (2013), Planetarium (2016), Une fille
facile (2019), I figli degli altri (2022)
Martedì
28 novembre 2023:
LA NOTTE DEL 12
di Dominik Moll, con Bastien Bouillon, Bouli Lanners, Anouk Grinberg,
Pauline Serieys, Mouna Soualem
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