THE FABELMANS
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: Steven Spielberg, Tony
Kushner
Fotografia: Janusz Kaminski
Musiche: John Williams
Montaggio: Sarah Broshar, Michael Kahn
Scenografia: Rick Carter, Andrew Max
Cahn
Costumi: Mark Bridges
Effetti: Mark Hawker, Jeffrey Kalmus
Suono: Ronald Judkins
Interpreti: Michelle Williams (Mitzi
Fabelman), Paul Dano (Burt Fabelman), Seth Rogen (Bennie Loewy), Gabriel
LaBelle (Sammy Fabelman), Mateo Zoryan (giovane Sammy Fabelman), Keeley Karsten
(Natalie Fabelman), Alina Brace (giovane Natalie Fabelman), Julia Butters (Reggie
Fabelman), Birdie Borria (giovane Reggie Fabelman), Judd Hirsch (zio Boris),
Sophia Kopera (Lisa Fabelman), Jeannie Berlin (Hadassah Fabelman), Robin
Bartlett (Tina Schildkraut), Sam Rechner (Logan Hall), Oakes Fegley (Chad
Thomas), Chloe East (Monica Sherwood), Isabelle Kusman (Claudia Denning),
Chandler Lovelle (Renee)
Produzione: Steven Spielberg, Kristie
Macosko Krieger, Tony Kushner per Universal Pictures/Amblin Entertainment
Distribuzione: 01 Distribution, Leone Film
Group
Durata: 151’
Origine: U.S.A., 2022
Data uscita: 15 dicembre 2022
Vincitore
del People's Choice Award al Toronto International Film Festival 2022; premio
per il miglior film drammatico e il miglior regista ai Golden Globes 2023.
Sammy
Fabelman è un ragazzo cresciuto in Arizona nel secondo dopoguerra e grazie
all'amore della madre per il cinema, il giovane si appassiona alla settima
arte. Venuto a conoscenza di uno sconvolgente segreto familiare, si rifugerà
nel cinema per riuscire a capire la realtà.
Una volta ci consideravano maniaci, infantili, vaneggianti. Oggi tutt’al
più inattuali, sorpassati, nostalgici. Può darsi. Ma di tutti noi baby boomer
cresciuti in una fase ancora florida della settima arte è venuto in soccorso
Steven Spielberg, l’unico ancora capace d’inorgoglirci e di confortarci. “The Fabelmans”, in effetti, è un
epicedio struggente delle dolorose trasmutazioni che segnano il passaggio
dall’infanzia all’adolescenza e insieme una dichiarazione d’amore a chi ha
saputo trasmetterci il senso di meraviglia che si diffonde da ciò che si vede e
accade sul grande schermo e magicamente si riverbera su ciò che si vede e
accade al di fuori di esso. “The Fabelmans” (……) non ha niente
dell’autobiografia tradizionale ma assomiglia a un racconto di formazione
scandito da un fitto reticolo di riflessioni e intuizioni su una scala emotiva
personale quanto universale in cui paura e desiderio si combinano in
proporzioni instabili. Così riuscire a collegare la realtà con i sogni diventa
la grande sfida che si prospetta a Sammy alle prese con l’ondivago intreccio
dei rapporti sia privati - innanzitutto col padre e la madre e poi con gli
altri familiari, che siano di sangue come le sorelle e lo zio Boris oppure
acquisiti come l’ambiguo amico di famiglia Bennie - sia pubblici, come la prima
esilarante fidanzatina e i bulli e antisemiti compagni di scuola messi in
ridicolo in uno dei suoi precorritori exploit registici. Si colgono sempre di
più, mano a mano che il tempo passa, il piacere e la voglia di raccontare che
hanno reso Spielberg l’inventore delle immagini più folgoranti del cinema
venuto prima che l’era digitale le mettesse (illusoriamente) alla portata di
tutti. L’iconografia, non a caso, è la chiave di ogni scelta stilistica
eseguita tenendo in equilibrio poetica e tecnica: meno patinato, più spigoloso
e a tratti persino farraginoso, il narratore non smette per l’intera durata di
far sì che i dialoghi bastino a sé stessi perché sempre e solo all’immagine è
affidato il retroterra simbolico degli eventi.
Basta tornare all’episodio da cui tutto ha inizio: Sammy/Steven non
vuole possedere un trenino, ma la possibilità di replicare l’incidente mille
volte e solo grazie all’immagine in movimento - motion picture come la
definisce correttamente il padre - può esorcizzare lo shock o addirittura
mettere in sicurezza il proprio rapporto col mondo. I metodi artigianali della
messa in scena e il concetto polivalente di crescita diventano, così, espliciti
anche per il non specialista grazie al suo modo naturale e fluido di alternare
vere e proprie autocitazioni (il ragazzino che spiega all’amico come
interpretare un reduce di guerra implica, per esempio, un omaggio alle acmi
emotive di “Salvate il soldato Ryan”)
alle sfumature con cui fa capire come girare i film gli sia servito per
mantenere il controllo della propria vita e adesso, a settantasei anni, di
onorare le affinità elettive con la madre Leah i cui capelli bianchi pettinati
a caschetto sono replicati dall’ottima Williams che l’interpreta. L’intero
cast, del resto, si giova dello script di Tony Kushner anch’esso accumunato
dalla fede nei maestri che hanno dimostrato che per fare il regista non è
essenziale quello che s’inquadra e si rappresenta, bensì come lo s’inquadra e
lo si rappresenta. Truffaut senz’ombra di dubbio (che non a caso volle come
attore in “Incontri ravvicinati del terzo
tipo”) e poi Ford, presente per interposta persona nell’esilarante cammeo
finale di David Lynch… Apertosi con DeMille, il film si conclude dunque con un
altro gigante dell’età d’oro che Spielberg davvero incontrò a sedici anni:
«Were’s the Horizon?». «When the horizon is at the top, it’s interesting, when
it’s on the bottom, it’s interesting. When it’s in the middle, it’s fucking
boring!». Il destino del cinema, vuol dire in pratica la battuta del mitico
orbo, si gioca sulla ‘scelta dell’orizzonte’ (deve risultare sempre in alto o
in basso rispetto all’occhio della cinepresa, mai nel mezzo come fanno gli
adepti del realismo e del minimalismo) cogliendo pienamente nel segno perché solo
i totem dell’ex arte chiave del Novecento sono stati in grado d’indicare sino a
dove è possibile spingere il nostro sguardo.
Valerio Caprara
Dopo Cuaron e Almodóvar, Branagh e Iñárritu, Gray, Sorrentino e Bruni
Tedeschi, anche Steven Spielberg realizza il suo “Amarcord” e con “The
Fabelmans” firma il suo film più intimo e personale, pieno di tenerezza,
meraviglia e stupore. Interpretato da Gabriel LaBelle, Paul Dano, Michelle
Williams, Seth Rogen, il film è una lettera d’amore che il regista scrive al
cinema e alla propria famiglia, per celebrare le passioni che lo hanno spinto
dietro alla macchina da presa, le persone che hanno accompagnato e incoraggiato
i suoi primi passi. In un’opera potentissima, raffinata e commovente, Spielberg
racconta di quando i sogni sullo schermo gli sembravano troppo grandi per non
averne paura, di come lo spettacolare deragliamento di un treno in “Il più grande spettacolo del mondo” di
Cecil B. DeMille cambiò per sempre la sua vita, del fascino di un’arte capace
di cambiare le carte in tavola, sconvolgere, tradire, restituire, esaltare,
nascondere, celebrare. Ma soprattutto di come il cinema ci consenta di scoprire
e osservare ciò che non sapevamo neanche di aver visto. Poesia e tecnica sono
due mondi lontani, ma pronti a incontrarsi in tutti i film del futuro regista,
che ancora giovanissimo è costretto a fare i conti con il primo grande strappo
della sua vita, il divorzio dei genitori. Spielberg si racconta come non ha mai
fatto prima e grazie ad alcuni preziosi consigli sulla necessità di trovare i
propri orizzonti (la scena finale del film è strepitosa, così come quella
della scoperta del grande segreto di famiglia), imparerà a giocare con quei
giganti dello schermo che da bambino tanto lo spaventavano.
Alessandra De Luca, Ciak
STEVEN SPIELBERG
Filmografia:
Duel
(1971), Colombo: un giallo da manuale (1971), Qualcosa di diabolico
(1972), Savage (1973), Sugarland Express (1974), Lo squalo
(1975), Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), 1941 - Allarme a
Hollywood (1979), I predatori dell'Arca Perduta (1981), E.T.
l'extraterrestre (1982), Indiana Jones e il tempio maledetto (1984),
Il colore viola (1985), L'impero del Sole (1987), Always - Per
sempre (1988), Indiana Jones e l'ultima crociata (1989), Hook -
Capitan Uncino (1991), Schindler's List - La lista di Schindler
(1993), Jurassic Park (1993), Amistad (1997), Il mondo
perduto: Jurassic Park (1997), Salvate il soldato Ryan (1998),
The Unfinished Journey (1999), A.I. Intelligenza artificiale (2001),
Prova a prendermi (2002), Minority Report (2002), The Terminal
(2004), La guerra dei mondi (2005), Munich (2005), Indiana
Jones e il Regno del Teschio di Cristallo (2008), War Horse (2011),
Le avventure di Tintin - Il segreto dell'Unicorno (2011), Lincoln
(2012), Il ponte delle spie (2015), Il GGG - Il Grande Gigante
Gentile (2016), The Kidnapping of Edgardo Mortara (2017), Ready
Player One (2018), The Post (2018),West Side Story (2021),
The Fabelmans (2022)
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