Stagione 2023/2024 | 30 gennaio 2024
ANCHE IO
Titolo originale: She said
Regia: Maria Schrader
Soggetto: dal libro inchiesta di Jodi
Kantor e Megan Twohey “She said: breaking
the sexual harassment story that helped ignite a movement”
Sceneggiatura: Rebecca Lenkiewicz
Fotografia: Natasha Braier
Musiche: Nicholas Britell
Montaggio: Hansjörg Weissbrich
Scenografia: Tommy Love
Interpreti: Zoe Kazan (Jodi Kantor),
Carey Mulligan (Megan Twohey), Lola Petticrew (giovane Laura), Katherine Laheen
(donna della troupe irlandese), Emma Clare O'Connor
(Rachel Crooks), Tom Pelphrey (Vadim Rutman), Dalya Knapp (Talia), Emery Ellis
Harper (Violet), Adam Shapiro (Ron Leiber), James Austin Johnson (Donald Trump -
voce), Katie Nisa (infermiera in clinica ), Patricia Clarkson (Rebecca
Corbett), Andre Braugher (Dean Baquet), Frank Wood (Matt Purdy), Sarah Ann
Masse (Emily Steel), Mike Spara (Michael Schmidt), Traci Wolfe (giornalista),
Sujata Eyrick (giornalista), Shirley Rumierk (impiegata Miramax)
Produzione: Dede Gardner, Jeremy
Kleiner per Plan B Entertainment/Annapurna Pictures
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 128'
Origine: U.S.A., 2022
Data uscita: 19 gennaio 2023
Presentato
fuori concorso al 40. Torino Film Festival (2022).
Le
giornaliste del New York Times Megan Twohey e Jodi Kantor pubblicano un
articolo che denuncia decenni di accuse di abusi sessuali contro il potente
produttore hollywoodiano Harvey Weinstein.
Qualche volta, ai giornalisti viene riconosciuto il merito di essere
ancora eroi del nostro tempo. Ne sono passati di decenni dal mitico: «È la
stampa, bellezza», pronunciato da Humphrey Bogart in L’ultima minaccia. Adesso
il sistema è cambiato, ma la ricerca della verità non smette di minare le
fondamenta del potere. Nell’epoca in cui tutto è post-, manipolato, poco
chiaro, imbrigliato in un flusso costante di omologazione, le inchieste, i
muckraker (coloro che affondano le mani nel fango) rivendicano la loro
centralità. Da “Tutti gli uomini del
presidente” in avanti, è nato un filone ben codificato, vibrante, che non
smette di infiammare le coscienze. “Il
caso Spotlight” di Tom McCarthy si aggiudicò l’oscar per il miglior film.
Adesso è la regista Maria Schrader a immergersi nella redazione del New York
Times e a raccontare lo scandalo Harvey Weinstein in “Anche io”, che in realtà si legge #metoo. Un film serrato,
fluviale, a tratti documentaristico, che rifiuta i toni da comizio e, in modo
solido, si focalizza sull’incedere degli eventi, sul dolore delle vittime, su
una barriera di silenzio da abbattere. Nessun vezzo, una regia rigorosa e una
profonda attenzione per il dettaglio sono gli elementi principali di un’epopea
sull’oggi, sempre attuale, che vuole essere il manifesto della difesa costante
di ogni diritto.
“Anche io” è un duello, uno
scacco al maschilismo tossico, alla Hollywood che usa il corpo come merce di
scambio. Da una parte la violenza psicologica e fisica del produttore,
dall’altra la funny girl di provincia schiacciata dal sogno americano.
Intrigante è la sequenza in cui Weinstein si presenta nella sede del New York
Times per provare a bloccare il tornado in arrivo. Viene inquadrato sempre di
spalle, mai in viso. È come se fosse un simbolo, uno dei tanti, solo la punta
dell’iceberg, mentre si sta per scatenare la tempesta.
Maria Schrader si sofferma ancora sul legame tra le donne e la società.
Nella miniserie “Unhortodox” la
figura femminile era assediata dalla tradizione, in “I’m Your Man” ci si chiedeva di che cosa si parla quando si parla
d’amore, in pieno stile carveriano. “Anche
io” è però forse il suo lavoro più riuscito dietro la macchina da presa,
senza però dimenticare il suo talento di attrice dimostrato soprattutto in “Aimée & Jaguar” di Max Färberböck.
La cronaca si riversa in un film potente, e finalmente, in un contemporaneo di
immagini sempre redacted (alla De Palma), la parola uccide più che la spada.
Gian Luca Pisacane, Cinematografo.it
“Anche io”, dice il titolo
italiano, richiamando ancora più direttamente il tema del film, la nascita del
movimento #Metoo. “She said”, quello
originale, che invece evoca il suo cuore, il potere salvifico della parola e la
difficoltà che comporta il far sentire la propria voce. Protagoniste della
storia, basata su fatti realmente accaduti, sono le due giornaliste del New
York Times Megan Twohey (Carey Mulligan) e Jodi Kantor (Zoe Kazan). Nel 2016
iniziano a indagare sugli abusi sessuali che Harvey Weinstein, presidente della
Miramax, imponeva ad attrici e collaboratrici. Raccolgono varie testimonianze e
così scoprono gli accordi che l’uomo le imponeva per ridurle al silenzio e
poter continuare impunito con i propri comportamenti.
“Anche io” fa combaciare
perfettamente il filone dei film sul giornalismo d’inchiesta (“Il caso Spotlight”, “The Post”) con la storia che racconta.
La parola scritta della stampa che rende pubblico un fatto e la voce messa a
tacere delle vittime, la richiesta delle due giornaliste di raccontare contro
la loro reticenza a farlo. Un processo rispecchiato anche dalla struttura
stessa dell’opera, in cui si susseguono le telefonate e gli incontri di
persona, con le testimonianze come mezzo per raccontare quello che le immagini
non mostrano. Non ci sono infatti ricostruzioni delle violenze, che vengono
lasciate nel fuoricampo, evocate anche dagli audio e dalle inquadrature degli
ambienti vuoti dove rimangono i segni di cosa è accaduto. Al film basta
un’ellissi per far emergere la propria visione dell’industria e della società
stessa. Evita dunque qualsiasi sensazionalismo, qualsiasi compiacimento,
riuscendo in questo modo ad essere ancora più d’impatto. Come sono le stesse
protagoniste a empatizzare a poco a poco con le vittime ascoltando quello che
dicono, così è richiesto di fare allo spettatore.
Quello a cui porteranno le indagini è noto, così come il suo esito,
eppure il film di Maria Schrader convince anche per come evita di cadere nel
pamphlet, nella conclusione edificante. Nelle loro indagini, Megan e Jodi non
possono che andare avanti contando solo su loro stesse, scoprendo cosa comporti
interloquire con persone ferite per sempre, il potenziale lato oscuro del loro
lavoro, se portato all’estremo.
La scena in cui raccolgono una testimonianza inizia con un campo lungo
che ci mostra gli ambienti deserti, come un bar, in cui si trovano. Si passa
poi ad un campo/controcampo in cui rimarcare il progressivo avvicinamento tra
il reporter e l’intervistato, che poi viene rotto poco dopo, quando
quest’ultimo se ne va lasciando l’altro da solo al tavolo e l’inquadratura
torna in campo lungo. L’obiettivo da cui sono trasportate le due protagoniste
si scontra con la dimensione umana delle vittime. Così anche quando le due
parlano in ufficio, l’inquadratura marca la distanza dal resto dei colleghi,
come loro siano poco considerate fino a quando a tutti non è chiaro il valore
dell’inchiesta. Se questa porta dunque a una vittoria (la condanna di
Weinstein), il focus di “Anche io” è
su come la violenza subìta non possa essere cancellata e il marcio che rimane
nella società. Non a caso la storia inizia nel 2016 con Megan che indaga su
accuse simili rivolte allora candidato alla Presidenza Donald Trump, senza poi
riuscire a impedirgli di arrivare alla Casa Bianca.
Luca Sottimano, BadTaste.it
MARIA SCHRADER
Filmografia:
Liebesleben (2007), Vor der Morgenröte - Stefan Zweig in
Amerika (2016), Unorthodox (2020), I'm Your Man (2021),
Anche io (2022)
Martedì 6 febbraio 2024:
GLI
SPIRITI DELL'ISOLA di Martin McDonagh, con Colin Farrell, Brendan
Gleeson, Kerry Condon, Barry Keoghan, Pat Shortt
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