Stagione 2023/2024 | 9 aprile 2024
IL GRANDE LEBOWSKI
Titolo originale: The Big Lebowski
Regia: Joel Coen, Ethan Coen
Soggetto: Ethan Coen, Joel Coen
Sceneggiatura: Ethan Coen, Joel Coen
Fotografia: Roger Deakins
Musiche: Carter Burwell
Montaggio: Tricia Cooke, Ethan Coen
(non accreditato), Joel Coen (non accreditato)
Scenografia: Rich Heinrichs
Arredamento: Chris L. Spellman
Costumi: Mary Zophres
Effetti: Jenek Sirrs
Interpreti: Jeff Bridges (Jeff
Lebowski), John Goodman (Walter Sobchak), Julianne Moore (Maude Lebowski),
Steve Buscemi (Donny), David Huddleston (Jeffrey Lebowski), Philip Seymour
Hoffman (Brandt), Tara Reid (Bunny Lebowski), John Turturro (Jesus Quintana),
Jimmie Dale Gilmore (Smokey), Ben Gazzara (Jackie Treehorn), Mark Pellegrino
(Blond Treehorn Thug), Sam Elliott (lo straniero), Philip Moon (scagnozzo di
Treehorn), David Thewlis (Knox Harrington), Peter Stormare, Torsten Voges, Flea
(nichilisti), Jon Polito (Da Fino), Jerry Haleva (Saddam Hussein)
Produzione: Ethan Coen, Tim Bevan, Eric
Fellner per Working Title/Polygram Filmed Entertainment
Distribuzione: Cecchi Gori Distribuzione
(1998), The Space Cinema (2014), Cineteca di Bologna (2023)
Durata: 117’
Origine: U.S.A., 1998
Data uscita: 6 marzo 1998; 6 novembre
2023
Presentato
al Festival di Berlino 1998.
Lo
scalcinato e simpatico Jeffrey Lebowski viene prima aggredito perché scambiato
per il miliardario suo omonimo, poi ingaggiato da quest’ultimo per condurre a
buon fine il riscatto per il rapimento della giovane e piacente moglie…
Bisogna immaginare di poter di nuovo sedersi in sala e vedere con occhi
“vergini” il rotolare di un tumbleweed attraverso le strade di Los Angeles,
fino alla riva al mare, mentre la voce di un cowboy annuncia che “alle volte si
incontra un uomo”… E quell’uomo è il “Drugo”, the Dude, Jeffrey Lebowski.
Incontrare l’“eroe” in questione (Jeff Bridges) in un supermarket dove avvolto
in una vestaglia, seppiette da spiaggia ai piedi e occhiali da sole sta
comprando del latte, per poi tornare a casa dove viene aggredito da un gruppo
di “nichilisti” che gli chiedono dove abbia nascosto i soldi - quali soldi? -
lo malmenano e fanno pipì sul suo tappeto - che “dava un tono all’ambiente”. Il
tappeto di Jeffrey Lebowski, fra i più grandi MacGuffin della storia del
cinema, motore del film che ora “esplode” davanti ai nostri occhi con dei
titoli di testa in forma di musical in una sala da bowling, in sottofondo “The Man in Me” di Bob Dylan. Succedeva
25 anni fa: stavamo per assistere, con le parole del cowboy senza nome interpretato
da Sam Elliot, alla storia di Drugo. A “Il
Grande Lebowski”, settimo film dei fratelli Joel e Ethan Coen, una commedia
noir, o un noir in forma di commedia, di certo un fenomeno di culto su cui da
allora sono state scritte decine di libri, ha ispirato un (malriuscito) spin
off di John Turturro, che ogni anno è celebrato da convention in tutto il mondo
e ha perfino generato un ironico culto: il dudeismo, la Chiesa del Drugo degli
ultimi giorni.
Ma non era cominciata così: negli Stati Uniti, al Sundance del 1998 dove
ha debuttato, il film aveva avuto un’accoglienza tiepida. E’ in Europa - a
partire dalla Berlinale dove venne proiettato circa un mese dopo - che “Il grande Lebowski” cominciò a suscitare
un grande entusiasmo, come hanno poi raccontato gli stessi Coen di ritorno a
Berlino più di dieci anni dopo con “True
Grit”. Un entusiasmo che, si scherniscono i fratelli, «ha raggiunto picchi
ridicoli», ma che in verità tiene insieme una variegata comunità di persone che
da un continente all’altro hanno sviluppato una forma di amore speciale per
personaggi e battute straordinarie.
Da Reddit a Facebook, gruppi di “appreciation” del film pullulano di
utenti che ogni sabato si augurano un buon Shabbath citando il più grande
personaggio del film - Walter, il migliore amico di Drugo interpretato da John
Goodman e ossessionato dal Vietnam, dall’ex moglie Cynthia e dalla propria
conversione all’ebraismo - e che ogni nove del mese si ricordano che l’indomani
è già il dieci (come fa il padrone di casa del Drugo sperando di vedersi
corrisposto un affitto che non arriva mai). Oppure ammoniscono su «cosa succede
quando cerchi di fottere chi non conosci», come fa Walter distruggendo con una
mazza la Corvette di un ragazzino, Larry, che sospetta di aver rubato dei
soldi. Battuta che nella versione originale - «You see what happens, Larry,
when you fuck a stranger in the ass» - è un fenomeno di culto a sé poiché nella
versione censurata televisiva è stata trasformata in «find a stranger in the
Alps», locuzione insensata che ha poi dato anche il titolo a un album del 2017
della cantautrice Phoebe Bridgers.
I soldi sono quelli del riscatto per Bunny, giovane moglie del
miliardario Jeffrey Lebowski, dalla cui omonimia con il protagonista scaturisce
una trama di cui è impossibile - nonché inutile - rendere conto: la storia,
come hanno spiegato i Coen, non è che un pretesto per dare vita e forma a dei
personaggi e a delle dinamiche, un omaggio alle trame impossibili e
complessissime dell’hard boiled letterario da Dashiel Hammett a Raymond
Chandler. Soprattutto quest’ultimo, il suo detective Marlowe di cui Jeffrey
Lebowski è un epigono svogliato, appassionato di White Russian, bowling, dei
Creedence, la cannabis «e un trip d’acido quando capita».
“Il grande Lebowski” recepisce
anche la caratteristica “allucinatoria” (Leonardo Gandini) del noir
cinematografico in cui il passato, un passato oscuro, incombe sui personaggi
come un destino ineludibile. Qui è l’allucinazione “bonaria” del perenne stato
di alterazione del protagonista, deliberato o indotto contro il volere di
Drugo, come quando viene drogato dal pornografo Jackie Treehorn (Ben Gazzara) per estorcergli la verità sui
soldi scomparsi. Sequenza che culmina - in un film che è anche e soprattutto
una rielaborazione dei grandi generi dell’età dell’oro di Hollywood - in un
omaggio alle coreografie musical di Busby Berkeley, con tanto di soggettiva di
una palla da bowling scagliata contro i birilli.
Fra le sue luci al neon, personaggi indimenticabili - fra cui occorre
ricordare anche il Jesus di John Turturro, il Donnie di Steve Buscemi, la Maude
di Julianne Moore e il Brandt di Philip Seymour Hoffman - e valigette piene di
mutande di Walter anziché di dollari, “Il
grande Lebowski” nasconde anche un cuore malinconico, l’accenno di un male,
una nostalgia e un’innocenza perduta. Che sia l’innocenza dei generi classici
del cinema hollywoodiano o del passato da attivista di Drugo (che sostiene di
essere uno degli estensori della Dichiarazione di Port Huron), mentre nel
presente del film - ambientato durante la prima guerra in Iraq - nei suoi
incubi Saddam gli porge le scarpe da bowling.
(……) “Il grande Lebowski” è
tornato in sala per festeggiare il suo quarto di secolo, completamente
restaurato in 4K per iniziativa della Cineteca di Bologna. Venticinque anni
dopo, possiamo di nuovo sederci al cinema mentre il cowboy ci racconta che,
nonostante non abbia «mai visto la regina in mutande, come dicono alcuni». «Alle
volte c’è un uomo», di cui vale la pena raccontare la storia. Quell’uomo è il
Drugo.
Giovanna Branca, Hollywood Reporter.it
JOEL COEN, ETHAN COEN
Filmografia:
Blood simple - Sangue facile (1984), Arizona Junior (1987), Crocevia della morte (1990), Barton Fink - E' successo a Hollywood (1991), Mister Hula Hoop (1994), Fargo (1996), Il grande Lebowski (1998), Fratello, dove sei? (2000), L'uomo che non c'era (2001), Prima ti sposo, poi ti rovino (2003), Ladykillers (2004), Paris, je t'aime (1 ep.) (2006), Chacun son cinéma (1 ep.) (2007), Non è un paese per vecchi (2007), Burn after reading - A prova di spia (2008), A serious man (2009), Il Grinta (2010), A proposito di Davis (2012), Ave, Cesare! (2016), La ballata di Buster Scraggs (2018)
Martedì 16 aprile 2024:
RITORNO A SEOUL di Davy Chou, con Ji-Min Park, Guka Han, Yoann Zimmer, Ouk-Sook Hur, Cheol-Hyun Lim
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