Stagione 2023/2024 | 21 maggio 2024




THE HOLDOVERS - LEZIONI DI VITA


Titolo originale
: The Holdovers
Regia: Alexander Payne
Sceneggiatura: David Hemingson
Fotografia: Eigil Bryld
Musiche: Mark Orton
Montaggio: Kevin Tent
Scenografia: Ryan Warren Smith
Costumi: Wendy Chuck
Interpreti: Paul Giamatti (Paul Hunham), Dominic Sessa (Angus Tully), Da'Vine Joy Randolph (Mary Lamb), Carrie Preston (Lydia Crane), Brady Hepner (Teddy Kountze), Ian Dolley (Alex Ollerman), Jim Kaplan (Ye-Joon Park), Michael Provost (Jason Smith), Andrew Garman (dott. Hardy Woodrup), Naheem Garcia (Danny), Stephen Thorne (Thomas Tully), Gillian Vigman (Judy Clotfelter), Tate Donovan (Stanley Clotfelter), Darby Lee-Stack (Elise), Bill Mootos (signor Endicott), Dustin Tucker (signor Rosenswieg), Juanita Pearl (Peggy), Alexander Cook (bartender), Liz Bishop (signora in ufficio), Cole Tristan Murphy (studente), Will Sussbauer (studente)
Produzione: David Hemingson, Bill Block, Mark Johnson
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 133’
Origine: U.S.A., 2023
Data uscita: 18 gennaio 2024

A nessuno piace l'insegnante Paul Hunham, né ai suoi studenti, né ai suoi compagni di facoltà, né al preside, che trova la sua pomposità e rigidità esasperanti. Senza famiglia e senza un posto dove andare durante le vacanze di Natale del 1970, Paul rimane a scuola per supervisionare gli studenti impossibilitati a tornare a casa. Dopo pochi giorni, rimane solo uno studente: un quindicenne che crea problemi di nome Angus, un bravo studente il cui cattivo comportamento minaccia sempre di farlo espellere. Insieme a Paul e Angus c'è la capocuoca Mary, una donna afroamericana il cui figlio è recentemente morto in Vietnam. Queste tre persone molto diverse tra loro formano un'improbabile famiglia natalizia. Il vero viaggio è come si aiutano a vicenda a capire che non sono legati al proprio passato: possono scegliere il proprio futuro.
Il logo Universal vintage anni ’70 poteva essere un abbaglio. Poi invece l’ambientazione, i color sporchi e caldi della fotografia di Eigil Bryld (“Acque profonde”, “In Bruges” e 11 episodi di “House of Cards”), il 35 mm nel formato 1.66:1 non lasciano più dubbi. Con “The Holdovers - Lezioni di vita” il cinema di Alexander Payne è atterrato in piena New Hollywood. Si vede da alcuni zoom all’indietro, dal modo in cui racconta la ribellione giovanile, i trami della guerra in Vietnam. C’è l’eco di “Il laureato” ma anche di “L’impossibilità di essere normale” di Richard Rush proprio per come s’immerge nell’anno in cui il film è ambientato, a cavallo tra il 1970 e il 1971. Senza nessuna distanza, come se lo sguardo di Payne, che all’epoca aveva circa 10 anni, coincidesse con parte dei ricordi di uno dei due studenti più giovani.
Durante le feste natalizie il solitario e severo professor Paul Hunham che non piace né ai suoi studenti che l’hanno soprannominato ‘occhio sbilenco’ né al preside, decide di trascorrere le vacanze all’interno dell’edificio della Barton Academy che si trova nel New England a fare da supervisore a cinque studenti che non sono potuti tornare a casa. Dopo qualche giorno, quattro di loro riescono a raggiungere le proprie famiglie. Solo uno, Angus Tully, è costretto a restare con l’insegnante che odia di più e con Mary, la capocuoca, che ha appena perso il figlio diciannovenne nella guerra in Vietnam. Sono tre persone diversissime tra loro che però troveranno il modo non solo di convivere insieme ma anche di trovare il modo per trascorrere un periodo che resterà indimenticabile.
Attento inizialmente soprattutto all’ambientazione che è descritta con estrema cura, dal paesaggio innevato al fiume fino all’interno dell’istituto dove la palestra è inagibile, “The Holdovers - Lezioni di vita” stavolta non resta imprigionato in quella forma chiusa e in quella narrazione priva di affondi che ha spesso caratterizzato il suo cinema. Anche questo, dopo “A proposito di Schmidt”, “Sideways. In viaggio con Jack”, “Paradiso amaro” e “Nebraska” è un altro film on the road dal momento dello spostamento in direzione Boston. Paul Giamatti, che già era stato diretto dal regista in “Sideways”, potrebbe essere una nuova variazione di Jack Nicholson in “A proposito di Schmidt”. Ma dopo un inizio trattenuto, il film si scioglie già dai primi momenti di quell’isolamento forzato tra le patate sbucciate in cucina e un disco del clarinettista Artie Shaw. Poi si rompe qualcosa. Non solo nella storia, ma proprio del cinema del regista. L’urlo di Giamatti dà la scossa. Payne incrocia Anthony Asquith di “Addio Mr. Harris” e parte di Peter Weir di “L’attimo fuggente”. Paul non fa salire in piedi i suoi studenti sul banco per salutare il professor Keating/Robin Williams ma il finale è altrettanto bello ed emozionante. Ed è altrettanto sorprendente il modo in cui Payne ci arriva, raccontando la storia di tre estranei come quella di una di famiglia. C’è una scena apparentemente innocua ma in realtà atroce. Paul rivede un suo vecchio compagno di scuola che è diventato professore ad Harvard. Lui lì per lì resta senza parole poi ci pensa Angus invece a mettere su una recita dove viene raccontata una possibile vita che in realtà non c’è mai stata. Il rapporto tra i due personaggi è vero e intenso proprio perché è fatto di avvicinamenti e allontanamenti, inganni e complicità. E la visita al padre del ragazzo è un colpo al cuore. Certo, ogni tanto il rischio che il film torni a un certo accademismo di maniera c’è. Ma stavolta Payne, che come per la seconda volta nella sua filmografia non ha scritto la sceneggiatura dopo “Nebraska” (lo script è firmato da David Hemingson), non si fa ingabbiare dalla propria scrittura e forse non è un caso che questi siano i suoi due film migliori. Anzi, “The Holdovers” è ancora meglio di “Nebraska”. Stavolta l’atto d’amore nei confronti del cinema statunitense è autentico, vitale, sottolineato da una colonna sonora trascinante che brucia l’anima nella scena nell’incrocio di sguardi della pista di pattinaggio sulle note di “The Wind” di Cat Stevens. Paul Giamatti è da Oscar ma anche gli altri due protagonisti, Dominic Sessa e Da’Vine Joy Randolph, sono bravissimi e vi resteranno nel cuore. E in questo rapporto così intimo, forse (e giustamente) da una parte siamo estromessi. Come si ripetono Paul e Angus, ‘entre nous’.
Simone Emiliani, Sentieri Selvaggi

Il cinema di Alexander Payne, sempre in bilico tra commedia esistenziale e dramma intimista, trova nella scrittura dei personaggi, nelle loro psicologie, nella quadratura degli spazi e degli ambienti il punto di forza. “The Holdovers - Lezioni di vita” (ispirato al film del 1935 “Vacanze in collegio” di Marcel Pagnol), non solo non fa eccezione, ma si pone come una delle migliori e più ispirate opere del regista statunitense. Ambientato durante le vacanze natalizie del 1970 in un istituto scolastico privato per rampolli dell’alta borghesia, segue le vicende del professore di civiltà antica, Paul Hunham (Paul Giamatti, vincitore del Golden Globe), e di un gruppetto di studenti di varie età - tra questi il brioso e scapestrato Angus Tully (il debuttante Dominic Sessa) - impossibilitati a tornare a casa dalle famiglie. Insieme a loro la responsabile della mensa, Mary Lamb, in lutto per la prematura morte in guerra del figlio 20enne. Sono personaggi complessi, stratificati, segnati dalla vita. Il tono è brillante, pieno di humor e colmo di battute pungenti e sagaci, marchio di fabbrica del cinema verboso di Payne. Il film inizia con il campo lungo della scuola circondata dalla neve. Luogo di passaggio per eccellenza che, giocoforza, conduce alla vita adulta e alla scoperta di sé. Il coming of age, diventato ormai un vero e proprio (sotto)genere, con tutto il corollario di azioni e situazioni che portano alla crescita (sviluppato quasi sempre all’interno di un arco temporale ridotto), copre soltanto una porzione del racconto. Il rapporto contrastante e conflittuale tra il professore integralista e il giovane Tully e il viaggio on the road dal New England a Boston - che cambierà la vita di entrambi - sta al centro del racconto, ma non è l’unico. Payne fa i conti con la storia e la politica. Rievoca il fantasma del Vietnam e riflette in controluce sulle sperequazioni sociali, sul classismo, la rabbia e il senso di frustrazione della working class (il figlio di Mary Lamb è chiamato alle armi perché impossibilitato a pagarsi il college). La malattia mentale, l’elaborazione del lutto e la solitudine sono temi che Payne tratta senza ingolfare e appesantire la storia, mantenendosi in perfetto equilibrio tra dramma e commedia. Paul Giamatti è bravissimo a dare corpo allo scorbutico (dal cuore d’oro) professore Hunham. La sua mimica e l’espressività sono ormai pienamente mature. Ma intensa è anche la performance di Da’Vine Randolph, mater lacrimarum, spezzata e resiliente. Il décor e la patina vintage rendono facile l’adesione e l’empatia. È un film semplice, emozionante, a tratti programmatico “The Holdovers”, e non dice nulla di nuovo. Riuscendo tuttavia ad essere contemporaneo e universale, rassicurante e non banale.
Mario Tudisco, Spietati.it


ALEXANDER PAYNE
Filmografia:
La storia di Ruth donna americana (1996), Election (1999), A proposito di Schmidt (2002), Sideways - In viaggio con Jack (2004), Paris, je t'aime (2006)("14e Arrondissement"), Paradiso amaro (2011), Nebraska (2013), Downsizing - Vivere alla grande (2017), The Holdovers - Lezioni di vita (2023)


Arrivederci alla stagione 2024/2025!

 

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