Stagione 2024/2025 | 5 novembre 2024
ANATOMIA DI UNA CADUTA
Titolo originale: Anatomie d'une chute
Regia: Justine Triet
Sceneggiatura: Arthur Harari
Fotografia: Simon Beaufils
Montaggio: Laurent Sénéchal
Scenografia: Emmanuelle Duplay
Musica: Thibault Deboaisne
Interpreti: Sandra Hüller (Sandra Voyter), Swann Arlaud
(Vincent Renzi). Milo Machado-Graner (Daniel Antoine Reinartz (avvocato
generale), Samuel Theis (Samuel Maleski), Jehnny Beth (Marge Berger), Saadia
Bentaïeb (Nour Boudaoud), Camille Rutherford (Zoé Solidor), Anne Rotger
(presidente del tribunale), Sophie Fillières (Monica), Julien Conte (legale),
Pierre-François Garel (giudice Janvier), Savannah Rol (gendarme Sandra), Ilies KadriIlies Kadri (gendarme
Samuel), Vincent Courcelle-Labrousse (procuratore), Cécile Brunet-Ludet (giudice
Bollène), Nesrine Slaoui (giornalista BFM), Antoine Buéno (esperto Balard), Anne-Lise
Heimburger (esperto Bogaert), Wajdi Mouawad (psicologo Yammal), Sacha Wolff (capo
investigatore)
Produzione: Marie-Ange Luciani, David Thion per Les Films
Pelléas/Les Films de Pierre/France 2 Cinéma/Auvergne Rhône-Alpes Cinéma
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 150’
Origine: Francia, 2023
Data uscita: 26 ottobre 2023
Palma d'Oro al 76. Festival di Cannes.
Sandra, una scrittrice tedesca, vive con il marito
Samuel e il figlio non vedente Daniel in un remoto chalet di montagna sulle
Alpi francesi. Quando Samuel muore in circostanze misteriose, le indagini non
possono determinare se si tratti di un suicidio o meno. Alla fine Sandra viene
arrestata per omicidio e il processo mette a nudo la relazione tumultuosa che
aveva con il marito, nonché la sua personalità ambigua. Le cose si complicano
quando anche il giovane figlio arriva al banco dei testimoni...
La
caduta di un corpo nel vuoto. Un volo che si arresta sul terreno innevato di
fronte a uno chalet lasciando sul bianco alcune tracce di sangue. Insieme a
quel corpo nel vuoto precipitano anche una coppia, una famiglia, l’infanzia di
un bambino. La caduta, come dice il titolo, è il centro stesso dell’idea
narrativa di “Anatomia di una caduta”
di Justine Triet, che da lì - ricostruendo come l’uomo sia morto - comincia a
entrare nel corpo vivo delle relazioni tra i personaggi, quelle che hanno
preceduto l’evento tragico. La dinamica della caduta appare infatti confusa, le
ricostruzioni non convincono e si aprono diverse interpretazioni che portano
Sandra (Sandra Hüller), la moglie di Samuel (Samuel Theis), l’uomo precipitato,
a essere imputata per omicidio in quello che inizialmente era parso un
suicidio.
Provando
a ricostruire l’accaduto, il film mette in atto uno studio “anatomico” delle
relazioni attraverso una sceneggiatura precisissima che smonta, rimonta,
suggerisce, apre varchi possibili con i tempi lunghi e metodici di una causa
che sembra poter anche non arrivare mai a determinare la verità. La narrazione
diventa così una sorta di paradossale autopsia che prende forma tra gli spazi
della casa e poi, sempre di più, in quelli dell’aula dove si svolge il
processo. Ma un’autopsia stranamente vitale che parla di amore e di
competizione nella coppia, di tensioni e accettazione, di conflitti e
riparazioni. Un’autopsia che seziona la vita e i molti modi di interpretarla,
farla propria, subirla e - forse - anche di mettervi fine. Per fare questo, il
film lavora con grande finezza sulla parola, continuamente al centro delle
dinamiche processuali ma anche della stessa vita familiare. Non solo perché
Samuel e Sandra - entrambi scrittori, in crisi lui, di ben maggior successo lei
- con le parole ci lavorano, ma anche perché ogni tentativo di scandagliare i
fatti dentro e fuori dall’aula si basa su un uso mutevole per forma, intenzione
e interpretazione, proprio delle parole. Non è un caso infatti che il film
inizi con una musica assordante che impedisce a Sandra di portare a termine
l’intervista con la studentessa che ha ricevuto in quello sperduto chalet tra
le montagne della Chavannes in cui Samuel l’ha costretta ad andare con Daniel
dopo che un incidente di cui sente tutta la colpa ha quasi causato la perdita
della vista al ragazzino. Parole che si disperdono coperte dai suoni, o che si
dissolvono nell’aria come quelle che dovrebbe aver sentito Daniel e che
sembrano poter essere una prova determinate, parole che scorrono su uno schermo
proiettate nell’aula del tribunale traducendo una registrazione in cui urla e
rumori inseriscono altri elementi di possibile contestualizzazione dei fatti,
parole che vengono citate dalla lettura manipolatoria dei libri di Sandra
dall’agguerrito pubblico ministero (Antoine Reinartz), parole che spesso si
smorzato nel coinvolgimento emotivo dell’avvocato difensore (Swann Arlaud),
parole che si sovrascrivono alle immagini evocate dai ricordi di Daniel o
rivissute da Sandra mentre la sua vita, le sue abitudini, il suo essere vengono
impietosamente rivelati al mondo e al suo stesso figlio.
In
questo lavoro di messa in discussione della parola e della sua centralità,
della sua unica ipotetica valenza, della sua mai esclusiva verità sta tutta la
qualità del film di Triet che sgombra il campo da ogni ricercatezza formale
lasciando le immagini ruvide, gli ambienti essenziali e consegnando agli attori
- su tutti la magnifica enigmatica Sandra Hüller - il compito di portare in scena
questa complessa dissezione della vita relazionale e delle sue cadute.
Chiara Borroni, Cineforum
La caduta fisica del
marito, la disintegrazione relazionale della coppia. Post hoc ergo propter hoc?
Dannata domanda, ché il rapporto causa-effetto è la mina allocata sullo
schermo, e dislocata nello spettatore, da “Anatomie
d’une chute”, ossia “Anatomia di una
caduta”, titolo invero bellissimo che riporta Justine Triet in Concorso a
Cannes 2023 dopo il deludente “Sybil”
nel 2019. Sandra (Sandra Hüller), Samuel (Samuel Theis) e il loro figlio di
undici anni ipovedente, Daniel (Milo Machado Graner), vivono sulle alpi vicino
a Grenoble in uno chalet isolato. Un giorno, Samuel viene trovato morto ai
piedi della casa dal figlio e il cane che lo assiste. Aperta l’inchiesta per
morte sospetta, Sandra verrà incriminata: suicidio o omicidio? Un anno dopo,
Daniel assiste al processo della madre, che si concreterà in una cruda e
crudele dissezione della relazione dei suoi genitori. Notevole nell’ottimo cast
anche Swann Arlaud, nei panni dell’avvocato di Sandra, Triet assembla
inquadratura dopo inquadratura - bel lavoro con lenti vecchie su Alexa del
direttore della fotografia Simone Beaufils - i frammenti taglienti del dialogo
amoroso, gli ascessi, gli eccessi e i recessi di una liaison troncata o
sfociata nel sangue: è Sandra un’uxoricida, è Samuel un suicida, e quale comune
humus ha nutrito questi esiti autoescludenti? Ben presto la possibilità della
verità si traduce nel fuoricampo, il dramma processuale è laparoscopia nel
trascorso di Sandra e Samuel, i tradimenti di lei, le frustrazioni di lui, i
travasi letterari dell’una e il blocco dello scrittore dell’altro, le pulsioni
suicidarie dell’uomo e le percosse della donna, come se un’autopsia potesse à
rebours farsi terapia di coppia. Triet c’intigna, pure troppo, intorcinando
qualcosa e compiacendosi - non poco - di altro, ma ha l’empatia e il rigore per
non mandare in vacca questa Anatomia terminale, questa caduta destinata nel
court drama, nel dibattimento, perfino di coscienza, a farsi, se non impasse,
surplace.
Hüller, non
imprevedibilmente, è perfetta.
Federico
Pontiggia, Cinematografo.it
JUSTINE TRIET
Martedì 12 novembre 2024:
THE
OLD OAK di Ken Loach, con Dave Turner, Ebla Mari, Claire
Rodgerson, Trevor Fox, Chris McGlade
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