Stagione 2024/2025 | 14 gennaio 2025


 

LA SALA PROFESSORI

Titolo originale: Das Lehrerzimmer
Regia: Ilker Çatak
Sceneggiatura: Ilker Çatak, Johannes Duncker
Fotografia: Judith Kaufmann
Musiche: Marvin Miller
Montaggio: Gesa Jäger
Interpreti: Leonie Benesch (Carla Nowak), Anne-Kathrin Gummich (dott.ssa Bettina Böhm), Rafael Stachowiak (Milosz Dudek), Michael Klammer (Thomas Liebenwerda), Eva Löbau (Friederike Kuhn), Kathrin Wehlisch (Lore Semnik), Sarah Bauerett (Vanessa König), Canan Samadi (Mariam Irfan), Kersten Reimann (signor Stalmann), Henriette Sievers (insegnante con il caffè), Benjamin Bishop (Tim Boyle), Tim Porath (Toms Vater), Katinka Auberger (Maren Firouza), Katharina Marie Schubert (signora Hasbricht), Uygar Tamer (signora Yilmaz), Özgür Karadeniz (signor Yilmaz), Leonard Stettnisch (Oskar Kuhn), Oskar Zickur (Lukas)
Produzione: Ingo Fliess
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 96’
Origine: Germania, 2023
Data uscita: 29 febbraio 2024
Presentato nella sezione Panorama del Festival di Berlino; vincitore come miglior film per la giuria C.I.C.A.E.  e del Premio Europa Cinemas Label.


Carla Nowak è una giovane e promettente insegnante al suo primo incarico. Tutto sembra andare bene, finché una serie di piccoli furti all'interno della scuola mette in subbuglio l’istituto. Quando i sospetti cadono su uno dei suoi studenti, Carla decide di andare di indagare personalmente, scatenando una serie inarrestabile di reazioni a catena. 
La sala professori” potrebbe essere uno dei film più feroci non solo sul sistema scolastico, ma su tutta un’idea di civiltà che si siano visti di recente al cinema. La pesantezza del suo impianto allegorico, che può dare l’impressione di un film troppo a tesi e spiegato, è riscattata dalla coerenza del discorso politico e dall’energia della narrazione, sorretta da una sceneggiatura di ferro e dalla prova stellare di Leonie Benesch. Se ironicamente un certo tono didascalico è ciò che appesantisce tanti film sulla scuola e l’insegnamento, quella di İlker Çatak si pone come una specie di anti-pedagogia; la storia di un fallimento così assoluto e deflagrante del moderno concetto occidentale di formazione e trasmissione di valori, da giustificare di essere raccontato come un film-inchiesta paranoico degli anni ‘70, a tratti addirittura come un horror.
Una serie di misteriosi furti sconvolge la tranquillità di una scuola tedesca. Carla Nowak (Benesch) insegnante giovane e brillante, decide di prendere l’iniziativa e scoprire i colpevoli con metodi poco ortodossi. La reazione a catena che ne nasce, fatta di delazioni, pregiudizi sopiti, minacce e violenze, porta alla luce tutta la fragilità dell’ordine vigente nella scuola. Quello che sembra un equilibrio solido, fondato su valori di civiltà e razionalità che i ragazzi assorbono insieme ai logaritmi e al teorema di Talete, collassa su sè stesso, rivelando un doppiofondo fatto di coercizione e sotterfugio.
Naturalmente il punto non è solo la scuola. Il sistema scolastico di “La sala professori” è microcosmo di qualcosa di più grande, nientemeno che le moderne e “illuministe” società europee, di cui aule e insegnanti dovrebbero essere il baluardo culturale, e che invece ne rivelano già in nuce il fallimento. Dietro la facciata sorridente, lo Stato riflesso e incubato dalla scuola è un tiranno disposto a violare le libertà e la privacy dei suoi cittadini, come il Nixon di “Tutti gli uomini del presidente” (e infatti anche qui gli si oppone una task force di giornalisti eroici).
Se il film riesce a coinvolgere e non risultare predicatorio è perché sceglie di raccontare tutto questo dall’interno, adottando il punto di vista di un’insegnante idealista e benintenzionata che poco a poco vede sgretolarsi le sue certezze morali. Affidato ai primi piani della straordinaria Benesch, questo processo di scoperta si traduce in un ritratto psicologico intenso e sofferto, che a tratti sconfina nell’incubo avvicinandosi a logiche da cinema horror. Nello stesso senso si muove la messa in scena gelida di Çatak, che fa sua la lezione di film-chiave sul collasso della pedagogia come “Elephant” (le carrellate controllatissime) e “L’onda” (il riemergere di logiche autoritarie nella moderna società tedesca), oltre a un’ironia di stampo quasi kubrickiano sul malfunzionamento di sistemi apparentemente razionali dietro cui si riaffaccia la logica della sopraffazione. La carne al fuoco è davvero tanta, ma il risultato è all’altezza delle ambizioni.
Lorenzo Meloni, BadTaste.it

Accade tutto in pochi secondi. Carla entra in aula, richiama l’attenzione dei propri studenti e li invita ad urlare insieme a lei. Forte. Il più forte possibile. Rabbia e frustrazione deflagrano, liberandosi in un coro di grida, in un gioco; mescolando la voce di Carla a quella dei bambini. La macchina da presa stringe sul volto esausto della professoressa.
Non è la prima volta che il cinema attinge all’ambiente scolastico in qualità di speciale microcosmo in vitro, atto a delineare e consentire l’osservazione di dinamiche sociali seminali o chiamate a specchiare il cosiddetto mondo vero, al di fuori. E al di là dell’inflazionato cult generazionale di Peter Weir (“L’attimo fuggente”) o della Palma d’Oro francese conquistata da Laurent Cantet - con “La classe. Entre les murs” in bilico tra fiction e documentario - è stato lo stesso cinema tedesco, attraverso “L’onda” di Dennis Gansel, a tracciare un’imperfetta rotta di navigazione che oggi, grazie a "La sala professori", riscopre appieno i propri punti di riferimento.
Lontana dai toni da “esperimento sociale” portati su schermo da Gansel e di fatto convenzionale in termini registici e narrativi, la pellicola di Ilker Çatak lavora più che altro sottotraccia. E la storia di Carla Nowak, insegnante di seconda media intenzionata a scoprire il responsabile di una serie di furti avvenuti all’interno del perimetro scolastico, si dipana con linearità, tessendo passo dopo passo la trama di un thriller claustrofobico e incalzante; e innalzando pareti di sguardi e (pre)giudizi, destinate a collassare quasi fatalmente addosso alla protagonista.
All’interno del labirinto di spazi didattici predisposto dal regista - riletto tra l’altro a posteriori nell’inquietudine liminale del montaggio in epilogo - “La sala professori” offre dunque un’incisiva lettura della realtà filtrata dal suo stesso (volontario) soffocamento. Rendendosi complice di un vero e proprio disallineamento tra veridicità e reale che, in una pellicola fondata sul furto di immagini più che di denaro, sostituisce alla verità una lunga serie di sue varianti, tra proto-giornali e media scolastici e pettegolezzi che rimbalzano dal mondo dei piccoli a quello degli adulti.
Nel marasma collettivo generato dal tradizionale fiocco che diviene valanga quella di Carla Nowak - una strepitosa Leonie Benesch - è così figura centrale di un discorso dal forte impatto pedagogico. Lei testarda, lei ostinata idealista, lei fedele a tal punto al proprio ruolo di insegnante da rischiare di smaterializzarsi nell’astrazione di un’utopia “da manuale”. Capace invece di calarsi nella corporeità del quotidiano proprio attraverso l’errore che - seppur in buona fede - causa il progressivo sollevarsi della tempesta.
Alla fine, come di consueto, rimane ben poco da salvare di una società che fin dalle sue istituzioni educative coltiva sospetto e discriminazione su più livelli. Forse solo l’immagine di una professoressa incazzata disposta a sedersi nuovamente tra i banchi di scuola. Perché non si finisce mai di imparare.
Dario Boldini, Sentieri Selvaggi


ILKER ÇATAK
Filmografia:  
La sala professori (2023)


Martedì 21
gennaio 2025:
PRISCILLA di Sofia Coppola, con Cailee Spaeny, Jacob Elordi, Dagmara Dominczyk, Raine Monroe Boland, Emily Mitchell

 

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