Stagione 2024/2025 | 28 gennaio 2025
TATAMI
Regia: Guy Nattiv, Zar Amir Ebrahimi
Sceneggiatura: Guy Nattiv, Elham Erfani
Fotografia: Todd Martin
Montaggio: Yuval Orr
Musica: Dascha Dauenhauer
Scenografia: Sofia Kharebashvili
Costumi: Sofia Iosebidze
Interpreti: Arianne Mandi (Leila Hosseini), Zar Amir Ebrahimi
(Maryam Ghanbari), Jaime Ray Newman (Stacey Travis), Nadine Marshall (Jean
Claire Abriel), Lir Katz (Shani Lavi), Ash Goldeh (Nader Hosseini), Valeriu Andriuta
(Vlad), Mehdi Bajestani (Amar Hosseini), Elham Erfani (assistente allenatore),
Sina Parvaneh (Azizi)
Produzione: Mandy Tagger, Adi Ezroni, Jaime Ray Newman, Guy
Nattiv per Keshet Studios
Distribuzione: Bim Distribuzione
Durata: 105’
Origine: Georgia, U.S.A., 2024
Data uscita: 4 aprile 2024
Durante i campionati mondiali di judo, la judoka
iraniana Leila e la sua allenatrice Maryam ricevono un ultimatum da parte della
Repubblica Islamica che intima a Leila di fingere un infortunio e perdere la
gara, pena l’essere bollata come traditrice dello Stato. Vedendo minacciata la
propria libertà e quella della sua famiglia, Leila si trova ad affrontare una
scelta impossibile.
Nel judo la vittoria
coincide sempre con un grande tonfo, si tratta del rumore sordo prodotto dal
corpo dell’avversario quando sbatte sul tatami, il pavimento tradizionale
giapponese dove si svolgono gli incontri. Quando lo si sente non si esulta, si
mantiene compostezza, si aspetta che l’avversario si rialzi si esegue il Rei,
tipico inchino della cultura asiatica. Solo dopo aver salutato ci si può
scomporre, ma non a tutti è concesso esser felici. Non per colpa del judo,
nessuna regola dice qualcosa di simile. C’è chi non può esser felice perché il
Paese che rappresenta gli nega il diritto di esserlo, come nel caso di Leila,
la Judoka protagonista di “Tatami”,
il film di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi. Leila (Arianne Mandi) è un’atleta
iraniana, che partecipa ai campionati mondiali di Judo con il sogno di vincere
la medaglia d’oro. Ha tutte le carte in regola per farlo, credono in lei Maryam
(Zar Amir), la sua allenatrice, e la sua famiglia, composta da suo marito Nader
(Ash Goldeh) e suo figlio Amar (Mehdi Bajestani). In un contesto normale la
vittoria finale dipenderebbe solo da Leila, ma così non è. Il governo dello
Stato iraniano non vuole che prosegua nella competizione, il rischio è di
incontrare in finale un’atleta israeliana. Con Israele non corre buon sangue, è
considerato il Paese occupante, non visto di buon occhio e acerrimo nemico. Per
convincerla ad abbandonare la competizione, le autorità iraniane non adottano
buone materie: minacciano di morte lei, la sua allenatrice e le loro famiglie.
Leila si trova dunque costretta a scegliere se continuare a combattere mettendo
in pericolo la sua vita e quella dei propri cari o fare un passo indietro,
ritirandosi dal torneo e assecondano la follia del governo iraniano.
Il valore di “Tatami” non è solo cinematografico:
presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, è il primo lungometraggio
co-diretto da una regista iraniana e un regista israeliano, Guy Nattiv, Premio
Oscar nel 2019 per il cortometraggio “Skin”
e Zar Amir, vincitrice del Premio per la Miglior Interpretazione a Cannes 2022
per “Holy Spider”. “Tatami” è un film un po’ retrò, girato
in bianco e nero e in formato 4:3. L’assenza di colori non si percepisce
nemmeno, e quella cornice quadrata gli dona, ricorda la forma del tappeto che
dà il nome al film. Il tatami è anche il luogo principale in cui si svolge la
storia, non si abbandona quasi mai il palazzetto dove si stanno svolgendo i
mondiali, ci si sposta qualche volta sul divano dove amici e parenti fanno il
tifo per Leila, unico luogo realmente fuoricampo. I cattivi, quelli veri, non
si vedono mai: il regime manda in giro i propri scagnozzi senza mai mostrarsi.
Eppure è sempre così presente seppur invisibile, è nella preoccupazione di
Maryam che la porta a essere impaurita e a volte codarda, ed è nel coraggio che
sfodera Leila quando decide di continuare a combattere, trasformando la propria
rabbia nel miglior sentimento possibile. La forza di “Tatami” sta nella sua attitudine cruda e sincera con cui mostra i
fatti così come sono. Non si ha mai la sensazione di assistere a un racconto
fittizio e col passare dei minuti sorge il dubbio che possa trattarsi di una
storia vera. Nonostante i personaggi non siano davvero esistiti, le dinamiche
dei rapporti tra israeliani e iraniani sono tutt’altro che inventate. Lo sport
diventa lo strumento migliore per esprimere una forte critica contro i dettami
di un governo folle che distrugge sogni e speranze dei suoi cittadini. Non è
forse un caso che sia il judo lo sport scelto come protagonista, una disciplina
che pone prima il rispetto in cima alla sua scala di valori.
In ogni incontro Leila
ha due avversari da battere: il suo diretto opponente e il regime iraniano. In
una scena su tutte esprime al meglio il suo senso di oppressione: durante
l’ultimo incontro ansima, sente dolori al petto e inizia a barcollare. Per
riuscire a ritrovare l’ossigeno si toglie il suo hijab, quello che le
nascondeva i capelli e le stringeva la fronte, una volta levato si non ha più
paura del regime, accetta le conseguenze del suo gesto e prende coscienza sia
del suo destino sportivo sia del suo prossimo futuro da donna libera. “Tatami” è una accusa aperta al governo
iraniano e alle sue follie. Viene sconfitto con la potenza comunicativa di un
film, bello e raro, che racconta l’ingiustizia, il coraggio e la libertà negata
di chi vive in Paesi piagati dalla violenza dei regimi.
Andrea
Zedda, Vanity Fair
Se non fosse vero
sembrerebbe una trovata pubblicitaria, di quelle inattaccabili oltre che irresistibili.
Un regista israeliano e una regista iraniana, due persone che in teoria non
dovrebbero nemmeno incontrarsi, dirigono insieme un film che racconta proprio
questo: la ribellione di una atleta di Teheran che durante i mondiali di Judo
respinge gli ordini di regime scegliendo la rivolta e l'esilio. Dettaglio
chiave: se dall'alto arriva l'ingiunzione di fingere un infortunio è proprio
perché, un match dopo l'altro, la campionessa iraniana Leila (Arienne Mandi)
rischia di dover affrontare un'atleta israeliana. È un caso di "mise en
abyme" da manuale: ciò che accade sullo schermo si riflette in quanto
accade dietro la macchina da presa. Mai si era visto un film diretto a quattro
mani da un israeliano e un'iraniana. Ma la storia stessa ha solide radici nella
realtà. Non si contano infatti gli atleti, o le atlete, che per non sacrificare
la gloria alla ragion di stato (islamico) hanno deciso di ribellarsi, magari
non indossando l'hijab, e talvolta di fuggire all'estero. Il copione rielabora
diverse di queste vicende fondendole in una scansione irresistibile che sembra
guardare a certo cinema Usa anni ’50-‘60. Bianco e nero, macchina da presa
mobilissima, naturalismo spinto al punto di incandescenza, tutta una serie di
codici che giocano con le nostre attese incrociando il linguaggio del cinema
epico con la sintassi delle dirette sportive (il cinema sullo sport ha sempre
sfidato la tv in casa). La chiave è nel contrasto tra ciò che appare e ciò che
accade veramente. Sul tatami Leila sconfigge una dopo l'altra, in condizioni
sempre più drammatiche, una serie di rivali delle più diverse nazionalità.
Dietro le quinte, ma sotto i nostri occhi (le video chiamate hanno un ruolo
decisivo nel fondere il Qui e l'Altrove), si gioca tutt'altra partita. Quella
fra gli alti papaveri di Teheran (e i loro emissari in loco) che premono sulla
coach della campionessa per farla desistere (Zar Amir, vista nel folgorante “Holy Spider”, qui anche regista con Guy
Nattiv). E il gran teatro dei mondiali, con manovre diplomatiche, voltafaccia,
ricatti non solo morali, minacce di ritorsioni anche sui familiari. Il tutto a
Tbilisi, Georgia, dove il film è stato girato in segreto, a due ore da Tel Aviv
e altrettante da Teheran. Dimenticate le metafore e le allegorie di una volta.
Tutto il cinema iraniano, simbolicamente, si è ormai tolto l'hijab per guardare
in faccia la realtà. Che poi qui lo faccia nei modi di un thriller classico (e
ineccepibile), si capisce. Con buoni e cattivi di questa portata, il racconto
epico è una scelta naturale.
Fabio
Ferzetti, L’Espresso
GUY NATTIV
Filmografia:
Mabul
(2010), Skin (2019), Golda (2023), Tatami (2024) (con Zar Amir Ebrahimi)
Martedì 4 febbraio 2025:
E LA FESTA CONTINUA! di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Lola Naymark, Robinson Stévenin, Gérard Meylan,
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