Stagione 2024-2025 | 25 marzo 2025
THE BIKERIDERS
Regia: Jeff Nichols
Sceneggiatura: Jeff Nichols
Fotografia: Adam Stone
Musiche: David Wingo
Montaggio: Julie Monroe
Scenografia: Chad Keith
Costumi: Erin Benach
Interpreti: Austin Butler (Benny), Jodie Comer (Kathy), Tom
Hardy (Johnny), Michael Shannon (Zipco), Mike Faist (Danny), Boyd Holbrook
(Cal), Damon Herriman (Brucie), Beau Knapp (Wahoo), Emory Cohen (Cockroach),
Karl Glusman (Corky), Toby Wallace (The Kid), Norman Reedus (Funny Sonny),
Happy Anderson (Big Jack), Paul Sparks (leader Gary Rogue), Will Oldham
(barista), Nathan Neorr (Goodpaster), Mierka Girten (madre di The Kid), Paul
Dillon (padre di The Kid), Valerie Jane Parker (Dingy), Tony Donno (Paulie),
Michael Endoso (Henry), Rachel Lee Kolis (Betty), Phuong Kubacki (Gail), Erin
Scerbak (Big Barbara), Andrew Riley Stephens (cugino di Benny), Forba Shepherd
(Alice), David Myers Gregory (Frank)
Produzione: Sarah Green, Brian Kavanaugh-Jones, Arnon Milchan
per Focus Features/Regency Enterprises/New Regency Productions/Tri-State
Pictures/20th Century Studios
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 116’
Origine: U.S.A., 2024
Data uscita: 19 giugno 2024
Dopo un incontro casuale in un bar, la determinata
Kathy è irrimediabilmente attratta da Benny, il nuovo membro dei Vandals, il
club motociclistico del Midwest guidato dall'enigmatico Johnny. Il club
comincia a trasformarsi, come il paese che li circonda, passando da un luogo di
ritrovo per gli outsider locali a un covo pericoloso e violento, costringendo
Benny a scegliere tra Kathy e la sua fedeltà al club.
“The Bikeriders” è un film che passa in prima battuta attraverso
l’udito. Lo spettro acustico è quello che va dall’inconfondibile VLAM VLAM dei
bicilindrici a V di 45° dei motori Harley-Davidson ai silenzi ostinati del
Benny di Austin Butler. Nel mezzo, il tintinnare di infinite bottiglie di birra
e il timbro alto e strascinato della Kathy di Jodie Comer, il borbottare aspro
del Johnny di Tom Hardy e i click della macchina fotografica del Danny di Mike
Faist, lo sbattere tra loro delle biglie da biliardo e il crepitare di qualcosa
che brucia e va a fuoco, il caos ridanciano delle feste e lo smack di qualche
cazzotto ben assestato. Così, ascoltando, oltre che vedendo, si viene
trascinati indietro nel tempo, all’epoca d’oro degli Onepercenters, delle bande
di motociclisti che facevano della ribellione (all’autorità, alla legge, alla
società, in fondo anche a loro stesse) il loro marchio di fabbrica. Ci si
immerge del tutto in atmosfere che odorano di grasso e sigarette.
Jeff Nichols è partito
dal libro fotografico di Danny Lyon che raccontava degli Outlaws MC, uno dei
quattro club più importanti di quel mondo, qui ribattezzato Vandals. Sulla base
di quel materiale, ha costruito un mondo dalla impressionante correttezza
filologica, e un racconto visivo che abbraccia senza incertezze la pulizia
formale e le regole grammaticali di un cinema orgogliosamente classico, lontano
da ogni tentazione modaiola. L’arco narrativo è quello dell’ascesa e della
decadenza di un club, raccontato dal punto di vista di un personaggio
tangenziale ai Vandals: la Kathy finita quasi per caso sposata con Benny,
motociclista dedito solo al culto di una libertà anarcoide e individualista che
riesce a sfiorare solo in sella alla sua moto. Benny, uno che non si toglie di
dosso i colori dei Vandals per nessun motivo al mondo, ma che nei Vandals è
comunque sempre volutamente lontano dal potere, con grande smacco di Johnny, il
capo. Johnny, uno che faceva il camionista, e che ha messo su i Vandals dopo
aver visto Marlon Brando in “Il selvaggio”
alla televisione (quanta ironia), e che sembra sempre un po’ schiacciato,
squilibrato (anche mentalmente) dal peso di quel che i Vandals sono diventati.
Specie dopo la fine degli anni Sessanta, quando tra reduci del Vietnam, tossici
vari, e crescente disprezzo per ogni regola morale, il suo club si è andato
trasformando in qualcosa di ingestibile, di impazzito, pronto a divorare il suo
stesso genitore.
“The Bikeriders” non ha alcun tono shakespeariano nel suo racconto,
come invece accadeva nell’altro grande prodotto audiovisivo che ha raccontato
il mondo dei bikers, la serie tv “Sons of
Anarchy”. E non ha nemmeno, con buona pace di quanti hanno tirato in ballo “Quei bravi ragazzi”, tutta la voglia che
aveva Scorsese di raccontare un microcosmo in maniera anti-epica e
antropologica. Certo, l’approccio è a tratti quasi documentaristico, ma il film
di Nichols e intinto da capo a piedi in una malinconia, un senso di rimpianto,
e un crepuscolarismo che, casomai, fanno venire in mente “American Graffiti”, o ancora di più “Un mercoledì da leoni”. Anche perché, in qualche modo, “The Bikeriders” - come quasi sempre nel
cinema di Nichols - è il racconto di due personaggi che hanno finito per
cavalcare onde più grandi di loro, di un’amicizia che non ha retto l’impatto
con la complessità della vita, di una sottocultura che pensava di potersi
mettere di traverso rispetto alla storia e che ha visto la sua mutazione
impazzita rovinare i suoi piani, e portarla all’autodistruzione.
Quello di Nichols è un
film felicemente fuori moda anche nel suo essere così chiaramente maschile, e
la mediazione della voce e dello sguardo di Kathy - la prima ad accorgersi,
sulla sua stessa pelle, delle grandi trasformazioni e delle tragedie a venire -
è chiaramente figlia della voglia di avere un controcanto di genere. Ma anche,
e soprattutto, figlia di una chiara intenzione di Nichols: quello di non avere
mai, nell’affresco della vita e delle imprese dei Vandals, un approccio troppo
romantico e idealista, né al contrario con uno sguardo di giudizio o, peggio,
di condanna.
La voce di Kathy, un
piede nel mondo dei Vandals e uno in quello delle persone “normali”, è quello
di una coscienza superiore, capace di osservare, descrivere e riportare, di
avere una consapevolezza più profonda, un punto di vista più ampio. Quello che
poi adotta Nichols, con quella distanza un po’ disillusa e dolente che gli
permette, tanto per cambiare, di raccontare non solo una controcultura, ma la
storia del paese che l’ha generata e poi soffocata.
Federico
Gironi, ComingSoon
Tratto dall’omonimo
libro reportage fotografico di Danny Lyon, “The
Bikeriders” è uno spaccato di un pezzo di controcultura americana rimasto
nell’immaginario collettivo ma che da troppo tempo viene trascurato dal cinema.
Da “Il selvaggio” a “Easy Rider”, passando per i Biker movies
di Roger Corman, il movimento che portò alla formazione di molti club di
motociclisti, più o meno violenti, negli anni Cinquanta e Sessanta è un
fenomeno che si rispecchia molto con quanto sta accadendo negli Stati Uniti di
oggi. Sono passati sessant’anni, ma il senso di non appartenenza e di
inadeguatezza, che sfocia nel supporto a figure e politiche populiste, è
rimasto nel tessuto sociale del paese. Ben lo ha compreso Jeff Nichols, regista
e sceneggiatore che ha già analizzato quegli anni in maniera assai lucida con
il bel “Loving”. “The Bikeriders” è un film solido,
registicamente ineccepibile e impreziosito da interpretazioni di alto livello,
Jodie Comer e Tom Hardy in particolare, mentre da Austin Butler si resta
semplicemente ipnotizzati. Film solido e dall’impianto squisitamente classico,
e per questo di grande intrattenimento, ma anche portatore di messaggi
importanti (……).
Alessandro
De Simone, Ciak
JEFF NICHOLS
Filmografia:
Shotgun Stories (2007), Take Shelter (2011), Mud
(2012), Midnight Special (2014), Loving (2016), The Bikeriders (2024)
Martedì 1° aprile 2025:
HIT
MAN - KILLER PER CASO di Richard
Linklater, con Glen Powell, Adria Arjona, Austin Amelio, Retta, Sanjay Rao
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