Stagione 2024/2025 | 13 maggio 2025

 


 
GIURATO NUMERO 2


Titolo originale: Juror #2
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Jonathan Abrams
Fotografia: Yves Bélanger
Montaggio: David Cox, Joel Cox
Scenografia: Ronald R. Reiss
Interpreti: Nicholas Hoult (Justin Kemp), Toni Collette (Faith Killebrew), J. K. Simmons (Harold), Chris Messina (Eric Resnick), Gabriel Basso (James Sythe), Zoey Deutch (Ally Kemp), Cedric Yarbrough (Marcus), Leslie Bibb (Denice Aldworth), Kiefer Sutherland (Larry Lasker), Amy Aquino (giudice Thelma Hollub), Adrienne C. Moore (Yolanda), Chikako Fukuyama (Keiko), Zele Avradopoulos (Irene), Drew Scheid (Brody), Francesca Eastwood (Kendall Carter)
Produzione: Clint Eastwood, Adam Goodman, Tim Moore, Jessica Meier, Matt Skiena per Dichotomy Films/Gotham Group/Malpaso Productions
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 114’
Origine: U.S.A., 2024
Data uscita: 14 novembre 2024


Durante il mandato da giurato in un processo per omicidio di alto livello, Justin Kemp, un giovane padre di famiglia che si trova alle prese con un grave dilemma morale che potrebbe influenzare il verdetto della giuria e potenzialmente condannare - o liberare - l’imputato di omicidio.
C’è un’inquadratura, verso il finale di “Giurato numero 2”, che, senza preavviso, ci ricorda un altro commiato eastwoodiano di quasi trent’anni fa. È quello di “Mezzanotte nel giardino del bene” e del male, dove la statua della Bird Girl sovrastava il cimitero di Bonaventure a Savannah, in Georgia, testimone di una cinica parabola su quanto la giustizia non possa essere sempre all’altezza della verità e viceversa.
Qui, nella quarantaduesima regia di Eastwood, siamo sempre in Georgia e c’è un’altra statua che, maestosa e ieratica, osserva gli eventi, dall’incipit esplicativo all’epilogo simbolico: è la Giustizia, appunto, nella sua rappresentazione più tipica, la Dea quindi una donna. Proprio di lei, della giustizia e di quanto possa “reggere” la verità, si parla, in un dialogo magnifico che annuncia l’epilogo di “Giurato numero 2” e contiene l’etica, l’urgenza, lo sguardo di un autore, Clint Eastwood, e di un film che ne rappresenta ineluttabilmente il compendio (su sceneggiatura di Jonathan A. Abrams).
È la parabola di un uomo tormentato (Nicholas Hoult clamoroso: recita con occhi azzurri sempre più liquidi e sostiene primi piani quasi insostenibili), chiamato all’appuntamento della vita (la moglie sta completando una gravidanza a rischio), messo di fronte al bivio (che fare quando sai che si sta per commettere un’ingiustizia ma non puoi opporti?), perseguitato da demoni (l’alcolismo superato grazie all’amore e sfiorato al cospetto di un dolore), lacerato dalle conseguenze delle proprie azioni.
Clint Eastwood ha novantaquattro anni: non si fa suggestionare dai true crime come la giurata numero 13 («La prima regola è che il sospettato principale è sempre il marito; la seconda regola è che spesso il sospettato principale non è il colpevole»), sa che dal passato non si sfugge (come il giurato che non può prescindere dal privato), che a volte le incombenze familiari non permettono di riflettere sulla complessità (la giurata che deve tornare a casa dai figli), che indagare è la vocazione di chi coltiva l’ossessione del vederci chiaro (J.K. Simmons, l’esperienza incarnata, capisce tutto, forse, e si mette da parte quando le cose si allineano e rischiano di sovvertire l’ordine).
Arriva al dunque, Eastwood, non ha tempo da perdere. Prendete i flashback del protagonista: la serata del delitto non viene ricostruita a poco a poco, capiamo subito qual è il problema, al massimo si possono aggiungere dettagli che lo devastano sempre più, ma il grosso è fatto. Perché Eastwood è onesto, non vuole girarci attorno e non intende cedere alla retorica. “Giurato numero 2” ha il passo quieto del classico, il colpo dritto del grande intrattenimento, il nitore del racconto morale, la maturità di chi ha una precisa idea di mondo. La parola ai giurati, va da sé, è una referenza evidente, anche perché, al pari di Sidney Lumet, a Eastwood non interessa tanto ciò che accade nell’aula di tribunale - gli serve per illustrare il caso e inquadrare lo schema processuale, dunque narrativo: i fatti sono ciò che raccontiamo, non necessariamente ciò che è accaduto - quanto piuttosto concentrarsi sui personaggi - sulle funzioni, addirittura - che innescano il meccanismo.
La procuratrice in campagna elettorale - curioso che il film sia uscito, in modo limitato, nei giorni delle elezioni che hanno incoronato di nuovo Donald Trump, uno che ha costruito una visione sulle fake news - che deve fare fede (si chiama Faith, d’altronde) al mandato e, quindi, sceglie di cercare la verità dei fatti oltre quella dei tribunali (Toni Colette, strepitosa). E l’imputato che, forse, è l’uomo sbagliato al posto giusto, la vittima di una società che ha contribuito a peggiorare (Gabriel Basso).
Eastwood trascende il pessimismo nella malinconia, preferisce l’esercizio del dubbio alla facilità del dogma e ci ricorda che un mondo perfetto non esiste. È il suo ennesimo film terminale (quanti da “Gran Torino”?) e, allo stesso tempo, l’ennesimo film che interroga le cose che davvero contano. Come quella scena finale, muta e lancinante, che si incastona nella memoria.
Lorenzo Ciofani, Cinematografo.it

Da almeno quarant'anni Clint Eastwood non deve dimostrare niente a nessuno. Ma ora che ne ha compiuti 94 il suo stile prosciugato ha raggiunto una concentrazione pressoché assoluta. Non un gesto, non una parola, non un momento di troppo. Come si conviene a questo film che rielabora uno dei classici più amati e copiati del cinema Usa (“La parola ai giurati”, Sidney Lumet, 1957). Per scuotere le nostre certezze introducendo una variante diabolica. Che tra l'altro consente al vecchio Clint di dire la sua, attraverso i dettagli, anche sulla nostra era. Lo schema è noto quanto infallibile. Un processo, dodici giurati, un sospetto omicida segnato da una serie di indizi così schiaccianti che sembra condannato in partenza. E un giurato che ostinatamente, meticolosamente, smonta ogni apparente certezza per rimettere tutto in discussione. Costringendo gli altri giurati (e noi) a riflettere non solo sui propri pregiudizi ma su Legge, giustizia, verità. Ovvero sulla società che su quei concetti si fonda. La novità, che Eastwood rivela fin dall'inizio, sta nella quasi certa colpevolezza (quasi...) del giurato numero 2, un giovane con la faccia pulita, qualche ombra nel passato e una figlia in arrivo (Nicholas Hoult, l'ex bambino di “About a Boy”). Com'è morta quella ragazza che tutto il bar vide litigare col compagno manesco in una sera di pioggia (vide e filmò: i cellulari hanno sostituito da tempo le Colt)? Inseguita e picchiata dal tipaccio? O investita sotto il diluvio dall'insospettabile giurato n. 2, che solo in aula intuisce di non aver colpito un cervo quella notte con la jeep? Tra indizi ribaltati, giurati inamovibili, duelli oratori (l'aspirante procuratrice legale Toni Collette, come sempre meravigliosa, contro il difensore Chris Messina, anche lui formidabile), ce n'è abbastanza per costruire un "courtroom drama" trascinante, e Eastwood non trascura certo lo spettacolo, pur ironizzandoci sopra (attenti alle auto: il giurato migliore, grande J.K. Simmons, è quello con la vettura più dimessa). Ma non è questo che gli interessa davvero. Il cuore del film, che cresce implacabile fino alla fine, anche se le musiche sono scontate e la caratterizzazione dei personaggi non sempre sottile, è proprio il dilemma morale che ramifica in direzioni inattese gettando una luce cruda sui protagonisti, dunque su un'intera società, con economia di mezzi pari alla forza del racconto. Non sorprende che Hollywood abbia voltato le spalle a Eastwood, confinando “Giurato numero 2” in sole 31 sale in I tutti gli Usa. Per il cinema artificioso e vuoto di oggi il suo classicismo è veleno.
Fabio Ferzetti, L’Espresso


CLINT EASTWOOD
Filmografia:
Breezy (1971), Lo straniero senza nome (1974), Assassinio sull'Eiger (1975), Il texano dagli occhi di ghiaccio (1976), L'uomo nel mirino (1977), Bronco Billy (1980), Firefox - Volpe di fuoco (1982), Honkytonk Man (1983), Coraggio... fatti ammazzare (1983), Il cavaliere pallido (1985), Gunny (1986), Bird (1988), Cacciatore bianco, cuore nero (1990), La recluta (1990), Gli spietati (1992), Un mondo perfetto (1993), I ponti di Madison County (1995), Potere assoluto (1997), Mezzanotte nel giardino del bene e del male (1997), Fino a prova contraria (1998), Space cowboys (2000), Debito di sangue (2002), Mystic River (2003), Million Dollar Baby (2004), Flags of our fathers (2006), Lettere da Iwo Jima (2006), Changeling (2008), Gran Torino (2008), Invictus (2009), Hereafter (2010), J. Edgar (2011), A star is born (2013), Jersey Boys (2014), American Sniper (2015), Sully (2016), Il Corriere - The Mule (2018), Cry Macho (2021), Giurato numero 2 (2024)

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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