Stagione 2024/2025 | 18 marzo 2025
EILEEN
Regia: William Oldroyd
Sceneggiatura: Luke Goebel, Ottessa Moshfegh
Soggetto: dal romanzo “Eileen”
di Ottessa Moshfegh
Fotografia: Ari Wegner
Musiche: Richard Reed Parry
Montaggio: Nick Emerson
Costumi: Olga Mill
Interpreti: Thomasin McKenzie (Eileen Dunlop), Shea Whigham (Jim
Dunlop), Sam Nivola (Lee Polk), Siobhan Fallon Hogan (signora Murray), Tonye Patano (signora
Stevens), William Hill (guardia), Owen Teague (Randy), Peter McRobbie (Warden),
Peter Von Berg (dottor Frye), Patrick Noonan (poliziotto), Jefferson White
(Buck Warren), Anne Hathaway (Rebecca), Alexander Jameson (attore), Patrick
Ryan Wood (Joseph), Gavin Barfield (Mary), Spencer Barnes (DeMarko), Mason
Pettograsso (DeLuca), Mark Havlis (guardia carceraria), Marin Ireland (signora
Polk), Brendan Burke (Sandy), Julian Gavilanes (Pat), Joel Marsh Garland
(Jacky), Louis Vanaria (Jerry), Lawrence Arancio (dottore)
Produzione: Anthony Bregman, Stefanie Azpiazu, Peter Cron,
Luke Goebel, Ottessa Moshfegh, William Oldroyd per Fifth Season/Film4/Likely
Story/Omniscient Films
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 97’
Una coppia fa l’amore in un’automobile, di notte,
sotto la pioggia. Da un’altra auto, qualcuno li osserva: è Eileen, una giovane
donna che divide la sua vita tra un padre violento e alcolista e il carcere nel
quale lavora come impiegata. Timida, dimessa, quasi invisibile, è tenuta a
distanza anche dalle colleghe. Finché un giorno non arriva al carcere la nuova
psicologa, Rebecca, bionda, elegante, disinvolta, che prende in simpatia
Eileen.
Una giovane casalinga
vive un’esistenza monotona in un paese di provincia immerso nella nebbia. Un
giorno arriva qualcuno capace di risvegliarne i desideri sopiti. Ma a volte
dietro le superfici più placide dormono le pulsioni più oscure. Al cinema tutto
questo ha un nome: “noir”. Non il noir delle metropoli decadenti. Quello dei
posti piccoli e marginali dove la passione divampa incontrollabile dopo tanta
carenza d’ossigeno. Quello di “Il postino
suona sempre due volte” e di “Ossessione”.
“Eileen” è degno erede di questa
tradizione. Un piccolo grande film fatto di pochi elementi e di emozioni
eteree, appena accennate, sotto cui batte un cuore di tenebra tanto più
disturbante nella sua ineffabile normalità. (……) Quest’opera seconda conferma
William Oldroyd come uno dei cantori più interessanti della femminilità nel
cinema contemporaneo. Che si tratti dell’Inghilterra vittoriana o del
Massachussets degli anni ‘60, i suoi film sono trappole claustrofobiche in cui
le protagoniste annaspano nei propri ruoli sociali come sepolte vive, costrette
a reprimere un mondo interiore che scalcia per liberarsi. Non a caso sia “Lady Macbeth” che le dark lady del noir
sono figure care alla letteratura femminista, che in queste donne demonizzate
ma potentissime ha trovato esempi di un femminile che rifiuta di lasciarsi
soggiogare. Come già “Lady Macbeth”, “Eileen” non si ferma però al femminismo.
Certo, come Todd Haynes con il melodramma, Oldroyd è interessato al noir in
quanto forma cinematografica capace di raccontare le crepe di un ordine sociale
repressivo. Ma in “Eileen” questo
risulta circostanziale (e in un certo senso secondario) rispetto alla volontà
di evocare nel modo più vivido possibile l’interiorità di una post-adolescente
disturbata e marginalizzata. È il coraggio di andare fino in fondo in questo
difficile compito, zigzagando elegantemente fra romanticismo, fantasie sessuali
e spaventose pulsioni di morte, a fare del film qualcosa di molto più
stratificato e meno moralista di un semplice commentario sociale. Se la regia
di Oldroyd trova sempre nuovi escamotage per suggerire l’irruzione dell’onirico
nel quotidiano, e la sceneggiatura di Ottessa Moshfegh (dal suo romanzo
omonimo) riesce in una sintesi che lascia in bocca un distinto sapore di racconto
breve, il merito della riuscita sta anche moltissimo nel gioco antitetico fra
le due protagoniste: Anne Hathaway si diverte un mondo come femme fatale con
parrucca bionda alla Kathleen Turner, e Thomasin McKenzie azzecca la sua parte
migliore in un underacting e in un’apparente ordinarietà che fanno miracoli
nello sviare le aspettative del pubblico. Come nei migliori noir o nei film di
David Lynch, si arriva alla fine di “Eileen”
con la sensazione di aver sollevato il velo di una realtà banale per trovarci
sotto qualcosa di contemporaneamente tristissimo e spaventoso - nascosto in
bella vista sotto le nebbie della provincia.
Lorenzo
Meloni, BadTaste.it
Nella Boston degli anni
'60 la giovane Eileen conduce una vita monotona lavorando come segretaria in un
riformatorio minorile e prendendosi cura di Jim, il padre alcolista. Le cose
cambiano con l'arrivo di Rebecca, la nuova psicologa del carcere. Brillante e
disinvolta, Rebecca esercita un fascino magnetico su Eileen, che rimane
immediatamente attratta dalla sua eleganza. La loro amicizia prende però una
piega pericolosa quando Rebecca le rivela un oscuro segreto. Tratto
dall'omonimo romanzo di Ottessa Moshfegh (Mondadori), “Eileen” esplora le prigioni esistenziali in cui vive la
protagonista, interpretata da una sempre più sorprendente Thomasin McKenzie,
prima di un'emancipazione radicale e definitiva. Per il suo secondo film, il
regista William Oldroyd decide ancora una volta di affidarsi a un romanzo
d'epoca, “Eileen” della statunitense
Ottessa Moshfegh ambientato negli anni '60 mentre nel 2016, per “Lady Macbeth”, aveva messo in scena “Lady Macbeth del Distretto di Mcensk”
dello scrittore russo Nikolaj Leskov ambientato a fine '800. Per “Eileen”, complice la direttrice della
fotografia Ari Wegner, il regista britannico fa qualcosa di più, scegliendo la
palette dei colori sbiaditi, la pasta che richiama quella della pellicola, il
font dei titoli di testa e di coda e il logo d'epoca di Universal, come se
fosse un 'vero' film degli anni '60. Un po' come è stato capace di fare,
ispirandosi alla decade precedente, Todd Haynes con “Lontano dal paradiso” e, soprattutto, con “Carol” che, come “Eileen”,
ruota tutto intorno alla complicità d'una coppia di donne. Ma il film di
William Oldroyd, con la neozelandese Thomasin McKenzie, l'interprete di “Jojo Rabbit” e di “Ultima notte a Soho” (anche qui una fascinazione tutta femminile),
sempre più sorprendente nella sua recitazione 'naturale' e 'asciugata' da
qualsiasi gigionismo, e Anne Hathaway capace di riempire lo schermo con un
immaginario attoriale da femme fatale (il suo nome, Rebecca, è già tutto un
programma), è molto più interessato a esplorare i lati oscuri della mente di
Eileen, a prescindere dalle connotazioni sessuali soltanto evocate. Le due
prigioni esistenziali in cui è rinchiusa la protagonista, quella lavorativa
come segretaria in un penitenziario minorile, mera estensione di quella
casalinga con il padre ex poliziotto alcolizzato con la pistola come feticcio
esistenziale (il grande caratterista Shea Whigham), richiamano alla lontana il
genere carcerario che, d'un tratto e in modo spiazzante, si trasforma in un
noir dai contorni malati, quasi pulp, come nel sottoscala di “Pulp Fiction” di Tarantino. È proprio la
costruzione psicologica della protagonista che vuole somigliare, quasi
sostituirsi, alla bionda e hitchcockiana Rebecca, che rappresenta tutto ciò che
lei non è, divenuta alla fine sua, letterale, partner in crime, a essere la
parte più interessante del film che può solo restituire dei lampi della
scrittura di Ottessa Moshfegh, ricca di minuziose descrizioni del rapporto di
Eileen con il suo corpo e dei peculiari comportamenti non solo sessuali (la
neve utilizzata per spegnere i bollori provocati dalla visione di nascosto di
due amanti in auto) ma anche alimentari (le caramelle solo ciucciate). Gli
strani giri della sua mente, che vagheggia una liberazione sessuale e
personale, sono rappresentati attraverso improvvisi scoppi di violenza solo
immaginata da una donna che sogna di uscire dalla gabbia in cui è chiusa
attraverso un atto estremo e radicale che però la confinerà, ancora una volta,
nella sua condizione triste, solitaria y final.
Pedro
Armocida, Mymovies.it
WILLIAM OLDROYD
Filmografia:
Lady Macbeth (2016), Eileen
(2022)
Martedì 18 marzo 2025:
THE
BIKERIDERS di Jeff
Nichols, con Jodie Comer, Austin Butler, Tom Hardy, Michael Shannon, Mike Faist
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