Stagione 2024/2025 | 15 aprile 2025
PULP FICTION
Regia: Quentin Tarantino
Soggetto: Roger
Avary, Quentin Tarantino
Sceneggiatura: Quentin Tarantino
Fotografia: Andrzej Sekula
Musiche: Karyn Rachtman
Montaggio: Sally Menke
Scenografia: David Wasco
Arredamento: Sandy Reynolds-Wasco
Costumi: Betsy Heimann
Effetti: Larry Fioritto
Interpreti: John Travolta (Vincent Vega), Samuel L. Jackson (Jules Winnfield), Uma
Thurman (Mia Wallace), Harvey Keitel (Mr. Wolf), Tim Roth (Pumpkin/Ringo), Bruce
Willis (Butch Coolidge), Amanda Plummer (Honey Bunny/Yolanda), Christopher
Walken (Koons), Rosanna Arquette (Jody), Eric Stoltz (Lance), Ving Rhames (Marsellus
Wallace), Maria de Medeiros (Fabienne), Quentin Tarantino (Jimmie Dimmick), Steve
Buscemi (Buddy Holly), Michael Gilden (Phillip Morris Page), Gary Shorelle (Ricky
Nelson), Susan Griffiths (Marilyn Monroe), Eric Clark (James Dean), Joseph
Pilato (Dean Martin), Brad Parker (III) (Jerry Lewis)
Produzione: Lawrence Bender per A Band Apart/Jersey Films/Miramax Films
Distribuzione: Cecchi Gori Group (1994), Lucky Red (2024)
Durata: 153’
Origine: U.S.A., 1994
Palma d'Oro al Festival
di Cannes 1994; Oscar 1994 per la miglior sceneggiatura originale; David di
Donatello 1995 per miglior film straniero.
“Pulp Fiction”
contiene nel titolo la chiave interpretativa: un genere letterario (pulp)
caratterizzato da temi violenti ed efferati che viene disinnescato nella sua
forza eversiva dalla destrutturazione finzionale (fiction) dello stile. Quentin
Tarantino compie questa azione decostruttiva agendo sulla sceneggiatura
scomponendola in pezzi e manipolando il tempo. Lavora sui personaggi affidando
loro lunghi dialoghi che rallentano il ritmo prima che avvenga una forte
esplosione visiva o un twist narrativo. Rispetto a “Le Iene” Tarantino inserisce elementi parodici e ironici che
mettono immediatamente in crisi la violenza delle immagini.
I killer melvilliani in giacca e cravatta Vincent Vega
(John Travolta) e Jules (Samuel L. Jackson), il pugile suonato Butch (Bruce
Willis) e la fidanzata piagnucolosa Fabienne (Maria De Medeiros), il gangster
Marcellus Wallace (Ving Rhames) e la moglie Mia (Uma Thurman), i rapinatori
dilettanti Zucchino (Tim Roth) e Coniglietta (Amanda Plummer), la caricatura di
James Bond Mr Wolf (Harvey Keitel), lo spacciatore Lance (Eric Stoltz) e la
consorte piena di piercing Judy (Rosanna Arquette), perdono la loro
bidimensionalità e moralità parlando e agendo come personaggi di un fumetto, di
una storia hard boiled.
Pur compiendo azioni terribili e violente sembrano
abitare un mondo favolistico, un universo pieno di citazioni cinefile che vanno
da Roger Corman a Godard, da Melville a Fellini, da Hawks a Brian De Palma,
mescolando alto e basso in un processo di metafiction. Ci sono frasi a effetto
che potrebbero essere uno status su qualsiasi social media: « Sono Mr. Wolf,
risolvo problem», «Non è una moto, è un chopper», «Ho una cura medioevale per
il suo culo», «Non è ancora giunto il momento di farsi i p****ni a vicenda», «Royale
con formaggio».
Classico, moderno e postmoderno convivono con le
tecniche di ripresa: il campo controcampo usato prima normalmente, poi con
pause prolungate (Mia e Vincent che si guardano in silenzio al ristorante),
l’uso delle ripresa dal basso (la scena in casa dello spacciatore Lance, il
punto di vista dal bagagliaio), il dettaglio argentiano (l’ago che entra nella
vena di Vincent, l’adrenalina intracardiaca), il lungo piano sequenza che
precede il climax (Jules e Vincent che parlano di massaggio ai piedi prima di
“entrare nei personaggi”) e la macchina a mano in presa diretta (nel momento
del panico da overdose, Tarantino la sposta nervosamente da un personaggio
all’altro, così come nel finale dove il triello Leoniano diventa un confronto a
quattro), la steadicam vertiginosa che dà l’impressione di essere in un
videogame (la bellissima panoramica al Jack Rabit Slim’s). Così ogni scena
diventa mito, il MacGuffin (il contenuto della valigetta di Marcellus Wallace)
appare ipnotico (la citazione è da “Un
bacio e una pistola di Aldrich”) e alcune inquadrature si sono trasformate
ai giorni d’oggi in meme (“Confused John Travolta”). Il discorso sull’orologio
d’oro di Christopher Walken passa repentinamente dal melodrammatico al comico.
Pop Fiction.
Ereditando il modello di Oldenburg, Lichtenstein e
Warhol, Tarantino sembra anticipare di quarant’anni la moderna società dei
copia e incolla, dei reels, dei selfie in quel rito egocentrico che normalizza
la complessità. Il carattere di gioco per adulti si manifesta apertamente nella
scena al Jack Rabit Slim’s, il ristorante interamente ricostruito in studio che
rappresenta l’ipermercato dell’immaginario pop americano anni ’50: sosia di
Elvis Presley, James Dean, Marylin Monroe, Mamie Van Doren, Buddy Holly; menù
ispirati a Douglas Sirk e Durward Kirby, poster cormaniani alle pareti (Attack
of the Crab Monster, Rock All Night, High School Confidential), coca alla
vaniglia e frappè (Dean) Martin & (Jerry) Lewis da 5 dollari. In questo
scenario “camp” , Vincent e Mia, sulle splendide note di “You Never Can Tell” di Chuck Berry si scatenano in un ballo
leggendario che ha movenze ereditate dal twist di Barbara Steele e Mario Pisu
in “8 e ½” di Fellini. Uma Thurman si
agita come la gatta Eva Gabor ne “Gli
Aristogatti” ma con il caschetto “french” dell’ Anna Karina di “Questa è la mia vita”.
La luce di “Pulp
Fiction” è molto particolare ed è una delle prime cose che colpisce lo
spettatore: la pellicola utilizzata è una 50 ASA Kodak che richiede una forte
illuminazione e esalta la nitidezza dei colori come in un quadro di
Lichtenstein. In una delle scene più esilaranti del film, quella di Mr. Wolf
che aiuta Jimmy (cameo di Quentin Tarantino) a ripulire la macchina, l’effetto
della iperluminosità rende ancora più grottesca la situazione.
Il lavoro sulla colonna sonora riflette la stessa
voglia di mescolare alto e basso: nei titoli di testa si succedono il ritmo
incalzante di “Misirlou” di Dick Dale
e poi “Jungle Boogie” di Kool and the
Gang a manifestare la doppia natura dell’opera tarantiniana tra lo spaghetti
western e il crime macabro. Macabro che ha tutta la sua esplosione nella scena
dell’overdose di Mia sulle ironiche note di “Girl, You will be a woman soon” di Neil Diamond nella versione
degli Urge Overkill. Eppure intorno a questi “one dimensional character” senza
morale si avverte un’aura di autoanalisi quando debbono compiere una scelta:
Butch sceglie di tornare indietro e sistemare i due maniaci, Mia realizza la
solitudine della propria vita dorata, Jules subisce una vera e propria
illuminazione mistica che lo porta allo splendido monologo finale.
Palma d’Oro al Festival di Cannes e Oscar alla
migliore sceneggiatura, “Pulp Fiction”
è un’opera che ha frantumato i pilastri del cinema classico e moderno
mescolando i generi con contaminazioni provenienti da diverse fonti, autoriali
e non. Il successo mondiale del film ha generato una serie di imitazioni e di
sotto filoni che non si sono ancora oggi esauriti. La formula dell’ibridazione
delle varie forme della cultura di massa ha prodotto un modo nuovo di
raccontare che regge il confronto con la contemporaneità.
Fabio
Fulfaro, Sentieri Selvaggi
QUENTIN TARANTINO
Filmografia:
Le Iene (1992), Pulp Fiction (1994), Four Rooms (1996), Jackie Brown (1997), Kill
Bill - Volume 1 (2003), Kill Bill -
Volume 2 (2004), Grindhouse - A prova
di morte (2007), Bastardi senza
gloria (2009), Django Unchained
(2012), The Hateful Eight (2015), C'era una volta a... Hollywood (2019)
Martedì 22 aprile 2025:
NON RIATTACCARE di Manfredi
Lucibello, con Barbara Ronchi, Claudio Santamaria, Piergiorgio Savarese,
Guglielmo Favilla
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