Stagione 2024/2025 | 29 aprile 2025
NON RIATTACCARE
Regia: Manfredi Lucibello
Sceneggiatura: Manfredi Lucibello, Jacopo Del Giudice
Tratto da: romanzo omonimo di Alessandra Montrucchio
Fotografia: Emilio Maria Costa
Musiche: Francesco Motta
Montaggio: Diego Berrè
Scenografia: Noemi Marchica
Costumi: Ginevra De Carolis
Interpreti: Barbara Ronchi (Irene), Claudio Santamaria (Pietro), Piergiorgio
Savarese, Guglielmo Favilla
Produzione: Carlo Macchitella, Marco Manetti, Antonio Manetti, Pier Giorgio
Bellocchio per Mompra-cem/Rosebud Entertainment Pictures/Rai Cinema
Distribuzione: I Wonder Pictures
Durata: 90’
Origine: Italia, Francia, 2023
Data uscita: 11 luglio 2024
È una delle tante notti
anonime della quarantena quando il telefono di Irene squilla. È
Pietro il suo ex compagno. Irene non lo sente da mesi, da quando la loro
storia è finita, tentenna, ma alla fine decide di rispondere. Pietro è fuori di
sé e le sue parole confuse lasciano presagire un atto disperato. A Irene non
resta che mettersi in viaggio, in una città spettrale, senza mai riattaccare,
con la speranza di raggiungerlo in tempo.
“Non riattaccare”, opera seconda del fiorentino classe 1984 Manfredi
Lucibello (“Tutte le mie notti”), è
il “Locke” - ve lo ricordate? -
nazionale, con Barbara Ronchi nell’abitacolo di un’auto senza soluzione di
continuità e l’altrui salvezza per missione indifferibile. Dieci anni fa, anche
lì opera seconda, l’inglese Steve Knight mise al volante Tom Hardy e su ruota
un piccolo capolavoro di scrittura, emozione e tensione, qui Lucibello succhia
la ruota, regalando alla Ronchi un ruolo totale, che la conferma oggi al
vertice delle interpreti nostrane.
Dopo il David per “Settembre” di Giulia Steigerwalt,
peraltro, conferma un invidiabile talento per personaggi che per tempo e spazio
su schermo sono, nel nostro cinema sessista, sovente esclusivo appannaggio dei
colleghi. Brava, per scelta e resa.
Insomma, la sinossi è
sintetica e non mente: “Una notte. Un viaggio. Un telefono. Una vita da
salvare”, sicché Ronchi, nei panni di Irene, viene nottetempo contatta in pieno
lockdown dall’ex Pietro (Claudio Santamaria), che non sta bene, proprio no: il
rischio è suicidario, se ne sta sul tetto pericolante di una casa a Santa
Marinella, e la donna pur sentimentalmente recalcitrante non può che corrergli
in aiuto. Roma è deserta, di più spettrale, la speranza di raggiungerlo per
tempo, la necessità, nomen omen, di “Non
riattaccare”.
Lucibello scrive con
Jacopo Del Giudice, e al netto - non vi roviniamo la sorpresa, e non indulgiamo
nella tassonomia - di grossolane incongruenze, preclare inverosimiglianze,
palesi amnesie e sventate iperboli riesce in un compito improbo: tenerci
incollati a quel volante, aderenti a quel soccorso, appesi a quella sorte.
Gran parte, e siamo in
difetto, del merito pertiene a Ronchi, che ha sguardo e (far) sentire come
pochissime altre da Trieste in giù: ci associa, noi spettatori, alla missione
di Irene, con un effetto-verità più forte di qualsiasi irrealtà.
Il legame è
sentimentale, facciamo nostra la sua storia terminale ma non terminata con
Pietro, la seguiamo con riserva, carburante, e patema, batteria poca e
caricabatterie assente, la beneficiamo di sospensione dell’incredulità e astensione
dal giudizio, apprezzandola per quel che è: eroina dell’auto, pardon, della
porta accanto.
Le musiche di Motta
sono pregevoli, parimenti la fotografia di Emilio M. Costa con licenza di belle
immagini, il montaggio anti-claustrofobico di Diego Berré, producono i Manetti
Bros. e Pier Giorgio Bellocchio (e il defunto Carlo Macchitella) con Mompracem,
e c’è da plaudire: operazione a basso costo e alta soddisfazione, Non
riattaccare conferma la qualità di Lucibello e la specchiata preminenza di
Ronchi. Rispondete in sala.
Federico
Pontiggia, Cinematografo.it
Uscito negli Usa nel
gennaio 2022, “Sick” di John Hyams
rileggeva le classiche dinamiche dello slasher alla luce dell'esperienza del
Covid, dandone nuova valenza. Un'operazione simile la compie “Non riattaccare”, opera seconda di
Manfredi Lucibello, verso certi stilemi del thriller. Soprattutto per questo
aspetto, il film, presentato in Concorso al Festival di Torino 2023, trova la
propria strada e si può dire riuscito, evitando di cadere nelle tipiche
trappole di altri film italiani di genere. Durante una notte di quarantena,
Irene (Barbara Ronchi) riceve una chiamata dal suo ex compagno, Pietro (Claudio
Santamaria), che non sente da mesi. L'uomo, salito sul tetto della propria casa
al mare, le comincia a confidare i propri pensieri tristi in mezzo a tante
parole confuse. Così la donna, temendo il peggio, si imbarca in un viaggio in
auto per raggiungerlo, durante il quale i due continuano a parlare al telefono
con la promessa di non chiudere la conversazione.
Escluso il veloce
incipit, il film si svolge quasi interamente nell'abitacolo dell'auto della
donna, tenuto in piedi dall'ottima performance di Barbara Ronchi e dalla voce
fuoricampo di Santamaria. Una struttura narrativa che richiama “Locke” con Tom Hardy, con cui “Non riattaccare” condivide la capacità
di mantenere alta la tensione, senza subire sostanziali cali. La macchina da
presa si muove in uno spazio ristretto alternando bene le poche soluzioni a
disposizioni (primo piano della donna, inquadrature frontali, particolari
dell'auto) sufficienti a dare il giusto dinamismo alla messa in scena.
L'intreccio riesce a coinvolgere grazie a piccoli espedienti (la benzina che
sta per finire, il cellulare che sta per scaricarsi) e alle conversazioni dei due
protagonisti, dove emergono a poco a poco dettagli sul loro passato e sulla
loro relazione. Avremo un quadro completo solo alla fine, ma (per fortuna!)
questo aspetto non diventa il fulcro della narrazione. Insomma, i traumi dei
personaggi, la loro backstory, non prevarica (quasi) mai la dimensione
thriller, ma anzi le due riescono a trovare un buon equilibrio.
“Non riattaccare” trae infatti il proprio punto di forza dal
contesto in cui è calato. L'intreccio rielabora alcune situazioni tipiche del
genere alla luce dell'esperienza della pandemia e del confinamento, ad esempio
il divieto ad uscire di notte per il coprifuoco in corso e la conseguente paura
del controllo della polizia che qui chiedono l'autocertificazione. Elementi
alla base anche della caratterizzazione di Pietro, la cui solitudine nasce
dall'isolamento forzato. Senza stravolgere nulla o divergere dalle coordinate
del genere, il film ne offre minima ma pregnante variazione. Così, anche
quando, prima del colpo di scena finale, opta per una veloce torsione nel
melodrammatico, non scade nella banalità o nel ricattatorio, perché porta
avanti considerazioni su un piano ancora poco esplorato, riuscendo a farci
empatizzare con i personaggi. Tanto che anche una scena conclusiva fin troppo
tirata non intacca il risultato complessivo.
Luca
Sottimano, BadTaste.it
MANFREDI LUCIBELLO
Tutte le mie notti (2018), Non riattaccare (2024)
Martedì 6 maggio 2025:
L’INNOCENZA di Hirokazu Kore’eda, con Sakura Andô, Shidô Nakamura, Yūko Tanaka, Eita Nagayama, Hinata Hiiragi
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