Stagione 2024/2025 | 8 aprile 2025
IL MISTERO SCORRE SUL FIUME
Titolo originale: Hébian de cuòwù
Regia: Shujun Wei
Sceneggiatura: Kang Chunlei, Shujun Wei, dal racconto “Mistakes by the River” di Yu Hua
Fotografia: Chengma Zhiyuan
Montaggio: Matthieu Laclau
Scenografia: Jacen Lin
Costumi: Chao Su
Interpreti: Yilong Zhu (Ma Zhe), Chloe Maayan (Bai Jie),
Tianlai Hou (capo della polizia), Tong Linkai (Xie), Chunlei Kang (pazzo),
Jianyu Wang (Xu Liang), Moxi Zishi (Wang Hong), Baisha Liu (Qian Ling), Cao
Yang (Yao Si Po), Qingyun Zhou (ragazzo sul fiume), Qi Zeng (Xiao Ting), Jun
Huang (Zhao), Miyi Huang (ostetrica), Hexiang Yan (uomo con gli occhiali), You
Zhou (fotografo), Xiangliang Meng (tenente Yan)
Produzione: Tang Xiaohui, Huang Xufeng, Li Chan, Shen Yang per
KXKH Film
Distribuzione: Wanted
Durata: 101’
Origine: Cina, 2023
Data uscita: 11 luglio 2024
Dalla Cina, un film brumoso e autunnale che dichiara
la sua appartenenza al noir fin dalle prime immagini, Anni '90, Banpo Town,
nella Cina rurale. Il corpo senza vita di una donna viene ritrovato vicino al
fiume. Ma Zhe, Capo della Polizia Criminale, prende in mano l'indagine
sull'omicidio che porta rapidamente a un arresto apparentemente ovvio. Mentre i
suoi superiori sono ansiosi di annunciare il loro successo, vari indizi
spingono Ma Zhe a esplorare più a fondo i comportamenti nascosti dei suoi
concittadini. La sua ricerca della verità lo condurrà a svelare segreti
inaspettati e a confrontarsi con le oscure realtà della vita in una piccola
comunità.
Non solo il mistero.
Tutto scorre nel grande fiume del Dragone: culture, prospettive, vite. È la
Cina in perenne mutazione, che continua a finirsi e rinascere, distruggere e
rifare. Un mosaico che non si ricompone mai del tutto. Ed è questo senso di
incompiutezza e di maligna malinconia che trasmette “Only the River Flowes” (titolo più ironico di quello italiano),
terza regia di Wei Shujun. Un film brumoso, autunnale (……), un noir che lavora
con profitto su tre piani del racconto, la detection, la psiche e l’ambiente.
Siamo nella Cina rurale, a metà degli anni Novanta.
Il corpo senza vita di
un’anziana donna viene ritrovato vicino al fiume. A guidare le indagini è il
Capo della Polizia Criminale Ma Zhe, fino a quel momento focalizzato su una
duplice obiettivo: l’attesa di una promozione e di diventare padre. Il caso non
sembra poi così complicato e il suo referente politico spinge per chiuderlo con
un arresto: tuttavia qualcosa sembra turbare Ma Zhe e complicare
l’investigazione.
Immerso in un’atmosfera
cupa, segnata dalla pioggia battente e dal fumo di sigarette sempre accese, “Il mistero scorre sul fiume” dichiara la
sua appartenenza al noir fin dalle prime immagini, ipnotizzando lo spettatore
con la propria ragnatele di suggestioni visive. Fondamentale il contributo alla
fotografia di Chengma Zhiyuan, che utilizza il 16 mm per creare una
“sporcatura” nell’immagine: l’effetto è di ritrovarsi davanti a un reperto, a
un vecchio film con le velature blu della fine del secolo scorso; ma anche di
caligine, di opacità del reale. Il mistero richiamato dal titolo alligna, più
che nelle indagini, nel disunirsi della volontà umana, al punto che il film si
ripiega su sé stesso, diventando indagine psicologica sul detective:
interpretato dal carismatico Zhu Yilong (in una veste fascinosa alla Tony
Leung), Ma Zhe inizia a deragliare dai binari del dotato e zelante servitore
dello Stato, attanagliato dai dubbi e dalle allucinazioni che lo tormentano. Simbolo
di una Cina spaesata di fronte al mutamento che prende le sembianze di una
realtà irriconoscibile, insensata e mostruosa, Ma Zhe deve essere riportato
all’obbedienza prima dalla moglie, che rivendica l’ultima parola sulla sua
gravidanza (il marito vorrebbe farla abortire dopo che al nascituro è stato
diagnosticato il rischio di una malformazione), e poi dal capo, che gli ordina
di abbandonare congetture e incertezze procedendo alla risoluzione del caso. Ma
Zhe obbedisce perché non può fare altrimenti, pena la fuoriuscita dalla storia
(del resto le sue dimissioni vengono prontamente respinte). Non c’è spazio per
chi sosta sulle rovine della Cina che fu, delle fabbriche, della
collettivizzazione e di Mao: chi indugia è destinato a perire, mentre le
scavatrici del tempo nuovo - allora di Deng Xiaoping, oggi di Xi Jinping - sono
già in movimento.
Gianluca
Arnone, Cinematografo.it
Il film di Wei Shujun
si presenta come un thriller del tutto convenzionale su una serie di omicidi,
di quelli che in Occidente abbiamo misteriosamente perso la capacità di fare
senza scivolare nel calligrafico o nel kitsch
“Il mistero scorre sul fiume”, a ben vedere, non solo si presenta
come un thriller del tutto convenzionale ma lo è, nella misura in cui
travestire i thriller da drammi character-driven o i drammi character-driven da
thriller è ormai convenzione: nel 1995, nel piccolo villaggio cinese di Banpo,
l'ispettore Ma Zhe si trova ad investigare sull'omicidio di una donna in riva
al fiume, che presto diventa una serie di omicidi e morti sospette di persone
in qualche modo collegate al caso. Il film si regge sulla stessa ambivalenza
che ha fatto la fortuna del genere neo-noir negli anni '90, l'epoca in cui è
ambientato: da un lato un'autoconsapevolezza cinefila ai limiti del fighetto
(si citano a piene mani Melville e Polanski, e a scanso di equivoci il quartier
generale delle indagini viene stabilito in un cinema dismesso, e l'ufficio
dell'ispettore nella sala del proiezionista) dall'altro un grande sforzo di
demistificazione: la parabola di Ma Zhe, più che da eroici inseguimenti o
deduzioni geniali, è segnata da capi incompetenti, pasti fuori orario, pedestri
malintesi e colleghi velleitari. Per via dell'ambientazione negli anni '90, ma
anche per inclinazione stilistica, il film si svolge in un mondo completamente
analogico, dove i poliziotti stanno svegli di notte ad ascoltare musicassette
sospette e fanno le prove balistiche per scoprire l'arma del delitto pugnalando
carcasse di animale appese al soffitto.
Proprio come nella
ricetta originale, l'impasto è tenuto insieme dalla pasta scura e granulosa
della pellicola in 16mm, dall'indubbio occhio del regista per inquadrature allo
stesso tempo stilose e significative (classe '91, Wei Shujun è considerato il
miglior giovane regista cinese) e da un senso dell'umorismo secco e stralunato,
che se non proprio direttamente ai Coen o a “Twin Peaks” fa pensare a qualcuno che i Coen e “Twin Peaks” se li è studiati bene.
Non sorprenderà
nessuno, a questo punto, che la storia de “Il
mistero scorre sul fiume” si sviluppi come un'anti-detection, cioè come un
melodramma sull'impossibilità della verità, sulla fallibilità umana, sulla
necessità di prendere decisioni nell'incertezza, di andare avanti al buio.
Attraverso il personaggio di Ma Zhe, interpretato da uno Zhu Yilong bello e
livido come un giovane Tony Leung, Wei Shujun celebra l'eroico fallimento tanto
dell'indagine quanto del cinema come strumenti di verità, omaggia l'arte -
attraverso una delle sottotrame più toccanti, quella della storia d'amore tra
una studentessa e un insegnante di poesia - senza romanticismi, ricordando nel
modo più spietato che la poesia (il cinema) non può salvarci dalla realtà, solo
concederci uno spazio effimero di libertà.
Rispetto alla nostra
idea del regime cinese è poi sorprendente che questo film abbia potuto
circolare liberamente in patria, e addirittura incassare l'equivalente di 20
milioni di dollari, perché si chiude su un'affermazione politica non banale:
caduti lo sguardo dell'arte e quello della ragione, l'unica forza in grado di
definire la realtà è il potere, una burocrazia ottusa ma inesorabile che -
lasciandosi alle spalle una scia di corpi dei "diversi": donne sole,
omosessuali, persone fragili o emarginate - salda contraddizioni, corregge il
presente e addirittura il passato per attribuire un significato alla spirale
dell'incubo, un senso al caos.
Stefano
Piri, Esquire
SHUJUN WEI
Filmografia:
On the border (2018), Ripples
of life (2021), Il mistero scorre sul
fiume (2023)
Martedì 15 aprile 2025:
PULP
FICTION di Quentin
Tarantino, con John Travolta, Samuel L. Jackson, Bruce Willis, Uma Thurman, Tim
Roth, Harvey Keitel
Commenti
Posta un commento