Stagione 2024/2025 - 6 maggio 2025


 

L’INNOCENZA


Titolo originale
: Kaibutsu
Regia: Hirokazu Kore’Eda
Sceneggiatura: Yuji Sakamoto
Fotografia: Ryuto Kondo
Musiche: Ryûichi Sakamoto
Montaggio: Hirokazu Kore-Eda
Scenografia: Keiko Mitsumatsu
Interpreti: Sakura Andô (Saori Mugino), Eita Nagayama (Michitoshi Hori), Soya Kurokawa (Minato Mugino), Hinata Hiiragi (Yori Hoshikawa), Akihiro Kakuta (Fumiaki Shôda), Mitsuki Takahata (Hirona Suzumura), Shidô Nakamura (Kiyotaka Hoshikawa), Yûko Tanaka (Makiko Fushimi),
Produzione: Genki Kawamura, Kenji Yamada per Toho/Gaga Films/Fuji Television/AOI Pro/Bun-Buku
Distribuzione: Bim Distribuzione
Durata: 126’
Origine: Giappone, 2023
Data uscita: 22 agosto 2024


Minato, che ha 11 anni e vive con sua mamma vedova, inizia a comportarsi in modo strano e torna da scuola sempre più avvilito. Tutto lascia pensare che il responsabile sia un insegnante, così la madre si precipita a scuola per scoprire cosa sta succedendo. Ma la verità, come spesso accade nei film di Kore'eda, si rivelerà essere un’altra e i fatti sveleranno una profonda e toccante storia di amicizia.
«Chi è il mostro?», la domanda diventa cantilena infantile, rivolta obliquamente allo spettatore. Chi è il colpevole? Indizi fuorvianti, secondo le regole del giallo. Se brucia un palazzo, sarà stato Minato (Soya Kurokawa) che porta nello zaino di scuola un accendino elettrico, e se il ragazzino torna a casa con l’orecchio sanguinante il responsabile sarà il maestro, e se ancora lui, bello e imbronciato, scaraventa in classe libri e quaderni è probabilmente una vittima di bullismo o al contrario un bullo. La tensione cresce nelle aule azzurrine della scuola in qualche parte nell’“isola sospesa nel cielo”, come in un film d’animazione Ghibli. La madre single (Sakura Andô) di Minato convoca gli insegnanti e si scontra con un mutismo reticente. Inchini, scuse, silenzio. Il malessere si diffonde e i colori pastelli sfumano nel buio. (……) Il film è approdato in Concorso al 76° Festival di Cannes, dove ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura di Yûji Sakamoto (Kore’eda questa volta gli lascia il posto), autore di dorama, serie tv su problemi familiari da districare. Sarà questa incursione da detective story emozionale a dolcificare il consueto ritratto di famiglia del regista giapponese, nonostante i suoi lati oscuri. Una famiglia, quella di Kore’eda, dall’apparenza lirica dove si annidano fantasmi inconfessabili, peccati e bugie. Qui, l’affresco dai colori tenui spezza il ritmo a ogni cambio di posizione della cinepresa. Tre o quattro psico-angolature diverse, tagli secchi di montaggio per gelare azione ed emozione. “Rashomon”? Non ci sono verità diverse, ci sono solo immagini false. La musica dell’indimenticabile Ryûichi Sakamoto fiancheggia (per sole due composizioni, prima della morte) la disperazione del ragazzino in bilico tra infanzia e primi desideri. Un bambino dalla gioia irrefrenabile, Yori (Hinata Hiiragi), compagno di classe, è tempestato di scherzi atroci perché, effeminato, sa tutti i nomi dei fiori, ma Minato non lo difende, non ha il coraggio di rivelare il suo affetto. La leggerezza dei loro incontri segreti, corse nei prati, intese e feste si spegne nell’istituzione scolastica, che pure nasconde un terribile mistero, un altro. Chi ha ucciso la nipote della direttrice, schiacciata da un’auto in retromarcia? Nessuno sembra capire il dorama, neppure il giovane e gentile maestro Hori (Eita Nagayama) che racconta la storia a modo suo, e fruga tra i segreti di penna e di sguardi dei due amici. Unico rifugio di Minato e Yori, un vagone di treno dismesso in mezzo alla boscaglia, arredato come se fosse Natale. Kore’eda torna in Giappone, dopo le incursioni in Corea e a Parigi, e mette in scena una madre abbandonata (il marito è morto in un incidente accanto alla sua amante) apprensiva e “cieca” e un padre vedovo e macho che insulta il troppo dolce figlioletto dal «cervello di maiale». Frantumi familiari. Così, il gioco preferito dei due amici è chiedersi che forma prenderà il loro kami, lo spirito divino shintoista, dopo la morte.
Mariuccia Ciotta, Film Tv

Un po’ come “”, anche “Rashomon” continua a tornare nell’immaginario autoriale, spettatoriale e critico. Forse lo citiamo persino un po’ a sproposito, ma è quasi inevitabile in questa moltiplicazione e reiterazione dei punti di vista, in questa ricerca di una verità che nel corso del film sfugge, assume varie forme e poi finalmente deflagra. È così “Monster” (in Italia si è scelto come titolo “L’innocenza”) di Hirokazu Kore’eda, sfuggente, come questo continuo slittare narrativo, coi finti indizi, con le immagini che ci mettono di fronte a dei tasselli, ritardando fino all’ultimo la visione complessiva, il mosaico - perché l’immagine, da sola, ha da tempo perso la propria autorevolezza, ha sgretolato la sua congenita verità. Il quadro complessivo messo in scena da Kore’eda, al di là della parabola dei due (splendidi) ragazzini, è persino spietato nella sua precisione da navigato entomologo: dalla preside ai vari docenti, è infatti tutto un brulicare di fobie, giudizi sommari, bugie, riflessi condizionati. Il contesto sociale de L’innocenza, all’apparenza quieto, è invece un coacervo di paranoie alquanto contemporanee. Insomma, sono così, siamo così, sempre meno chiari, meno limpidi: in questo senso, l’istituzione scolastica, coi suoi rituali vuoti, non ne esce benissimo. In parte impotente, in parte colpevole. Capace di inquietare e di suggerire risvolti nerissimi (……), “L’innocenza” racchiude invece criticità diverse e un po’ ci riporta alla crisi di nervi collettiva di “Paranoia Agent” di Satoshi Kon, al più amato della classe Y
ūichi, detto Ichi. E tutti sognano di essere un po come Ichi, anche (e soprattutto) Minato, bambino che è oramai adolescente. Nel gioco dei punti di vista, sposando allinizio quello della madre di Minato, Saori (la sempre ammirevole Sakura Andō), ci troviamo presto di fronte allimpossibilità di prevedere le derive delladolescenza, i turbamenti, le mille domande, le troppe paure. Quello di Saori è indubbiamente il nostro sguardo, tanto innocente quanto inconsapevole. E impreparato. Come già ampiamente dimostrato nell’ottimo “Il terzo omicidio”, Kore’eda è decisamente a proprio agio con la suspense e lo dimostra già nell’incipit, con l’incendio, i primi dettagli e poi nella sequenza della grotta, nel primo incontro con la preside e i docenti. Spiazzati, siamo chiamati a osservare e attendere, possibilmente senza giudicare. Già, giudicare. Uno degli aspetti della poetica di Kore’eda è la minuziosa scrittura e messa in scena dei personaggi, sviscerati ma mai condannati o inchiodati a un perentorio giudizio. Non una detection, quindi, ma il tentativo di comprendere i gesti, le motivazioni, le conseguenze. In tal senso, il punto di vista del maestro Hori (Eita Nagayama) ci mostra il dietro le quinte scolastico, tutta quella gabbia di doveri, paletti, timori, eccessive attenzioni e (necessarie?) bugie. Liberatorio, commovente, umanissimo, il punto di vista di Minato e del compagno Eri ci trascina in una dimensione quasi impossibile, sospesa, sognante. Ed è qui, mentre felici corrono a perdifiato dopo la tempesta, che gli altri sguardi non possono arrivare - nemmeno, per il momento, quello della pur amata e amabile Saori. Come non possono arrivare i piccoli bulli, le angherie, gli scherzi che assomigliano a torture. «Chi è il mostro?» ripetono più volte Minato ed Eri. «Chi è il mostro?» ci chiediamo noi, spaesati come Saori, inconsapevolmente in attesa che arrivi anche per noi il sole dopo la tempesta.
Enrico Azzano, Quinlan


HIROKAZU KORE’EDA
Filmografia:
Maborosi (1995), Wonderful Life (1998), Distance (2001), Nessuno lo sa (2004), Hana yori mo naho (2006), Aruitemo aruitemo (2008), Kūki ningyō (2009), Kiseki (2011), Father and Son (2013), Little Sister (2015), Ritratto di famiglia con tempesta (2016), Il terzo omicidio (2017), Un affare di famiglia (2018), Le verità (2019), Le buone stelle - Broker (2022), L'innocenza (2023)


Martedì 13 maggio 2025:
GIURATO NUMERO 2 di Clint Eastwood, con Nicholas Hoult, Toni Collette, J. K. Simmons, Chris Messina, Gabriel Basso 

 

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