Stagione 2025/2026 | 11 novembre 2025




L'UOMO NEL BOSCO

Titolo originale: Miséricordie
Regia
: Alain Guiraudie
Sceneggiatura: Alain Guiraudie
Fotografia: Claire Mathon
Montaggio: Jean-Christophe Hym
Musica: Marc Verdaguer
Interpreti Félix Kysyl (Jérémie Pastor), Catherine Frot (Martine Rigal), Jean-Baptiste Durand (Vincent Rigal), Serge Richard (Jean-Pierre Rigal), Jacques Develay (Philippe Griseul, curato), David Ayala (Walter Bonchamp), Tatiana Spivakova (Annie), Elio Lunetta (Kilian Rigal), Sébastien Faglain (gendarme), Salomé Lopes (gendarme), Luis Serrat, Sandra Marinho De Oliveira
Produzione: Charles Gillibert per CG Cinéma/Scala Films/Arte France Cinéma/Andergraun Films/Rosa Filmes
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 102’
Origine: Francia, 2024
Data uscita: 16 gennaio 2025

Jérémie torna nel piccolo comune di Saint-Martial per il funerale del panettiere, suo ex datore di lavoro, a cui era molto legato. Si ferma per qualche giorno a casa di Martine, la vedova del defunto, che gli è affezionata. L’affetto di Martine, la violenta gelosia del figlio Vincent, amico di gioventù di Jérémie, la tensione con il solitario Walter, l’attenzione del parroco del villaggio, fanno emergere un passato che avrà conseguenze inaspettate...
Bisogna guardare per terra, come quando si cercano i funghi nel bosco. Occhi bassi, strada diritta (o si presume tale), per vivere finché si può, come si può, e sfuggire il più possibile alla morte. Sono i mezzucci con cui cerchiamo di fregarla, dice a un certo punto il curato di campagna che forse è il personaggio più bello di questo bellissimo film. Però poi la morte ti viene a cercare, e tu non le puoi resistere. Non si può scampare al massacro (il carnage di Yasmina Reza), dice sempre il curato. E il carnage è sempre più grande e cattivo di noi, anche dei peccatori più grandi e cattivi. Quindi tanto vale lasciare, almeno per chi ci riesce, quella strada dritta. Prendere sentieri secondari, bagnati e oscuri.
I Cahiers du cinéma hanno messo “Miséricorde” di “Alain Guiraudie (……) al numero 1 dell’ambitissima lista dei film dell’anno. È l’eterno incontro tra indissolubili, incorruttibili, irredimibili di Francia: la bible dei critici e il regista noto qui soprattutto per “Lo sconosciuto del lago”, ma con una vastissima filmografia libera e militante (e qualche romanzo tra cui quello - “Rabalaïre” - che ha ispirato questo film).
Arriva presto la morte, in “Miséricorde”. Un delitto di cui conosciamo subito il colpevole. Ma questo non è un giallo, è un dramma morale alla Bresson (forse anche un po’ alla Eastwood, vedi pure il ganzissimo “Giurato numero 2”). Ma soprattutto è una commedia quasi rohmeriana, per restare in tema di racconti morali. E c’è il solito Teorema pasoliniano, con il tipo che arriva e scombina tutto.
Il protagonista Jérémie (bravissimo Félix Kysyl), è pure un po’ un Mister Ripley che ruba i vestiti ai morti e ai vivi per abbigliarsi come loro, forse imitarli, sedurli a volte quasi metafisicamente. Ma non sono vestiti eleganti da dandy in Costiera, come non c’è un ordine altoborghese da far saltare: siamo in un film di Guiraudie, dopotutto. C’è la profonda provincia bigotta ma anche curiosa, pettegola, più libera e maliziosa di quel che si pensi, col carattere ben nascosto che poi, se guardi bene, eccolo che viene fuori - come i porcini nel bosco! Dunque, il biondo Jérémie torna in questo posto sperduto fra i boschi dopo che l’ex datore di lavoro - roba piccola: una panetteria di paese - muore. Lo si vede solo in una foto di qualche anno prima: «Com’era bello», sospira la moglie (Catherine Frot). Son rimasti lei, il figlio, il vecchio prete (splendido Jacques Develay), altri vicini e nemici di quartiere, tutti con qualcosa in sospeso col nostro biondo rispuntato per caso. Cose che succedono la notte, diceva il titolo d’un recente romanzo di Peter Cameron, e qui succede quasi tutto di notte, o in quell’ora viola quando sta per albeggiare ma ancora fa buio. Incubi, incontri, seduzioni, ribaltamenti, visite di fantasmi. E poi di giorno ci si ritrova nel bosco a fingere, dissimulare, fare in modo che tutto resti come prima anche se il banco ormai è saltato.
Chissà se è il film più bello dell’anno, certo del cinema di Guiraudie impressiona sempre la fluidità (letterale e nell’accezione che le si dà oggigiorno) narrativa e poetica, e anche politica. È la forza del desiderio a muovere il suo cinema e i suoi personaggi e, lo dice il solito prete di campagna, la forza del desiderio non va mai sottovalutata. Soprattutto al cinema, che senza desiderio non sarebbe mai esistito.
Mattia Carzaniga, Rolling Stone 

Tornato a Saint-Martial per il funerale del suo ex capo panettiere, Jérémie rimane a dormire dalla vedova, Martine. Nata come occasionale, la sua permanenza si allunga, determinando l’inquietudine di Vincent, figlio di Martine. Se la narrazione si muove al presente, però, ogni situazione sembra implicare un passato non detto che va a riattivarsi in forme anomale, bizzarre, violente. A cominciare dal rapporto più che amicale che il protagonista sembra aver avuto con Vincent nel contesto di una comunità il cui silenzio sembra celare consapevolezza e onniscienza (l’abate: testimone, narratore implicito e deus ex machina). Quella di Guiraudie insomma, è una scrittura tanto liquida quanto densa nei sottotesti e ambigua nell’interpretazione, muovendosi costantemente sul filo della realtà e della sua rilettura simbolica e psicoanalitica. Così Saint-Martial per Jérémie è un teatro mentale nel quale si attua una ricognizione dell’io in forma di narrazione quasi favolistica (l’abate è il mago/grillo parlante che appare sempre al momento giusto, ammonitore e salvatore insieme), in cui fatti e sogni, pulsioni e decodifiche sembrano convivere. In cui desideri frustrati (e come sempre in Guiraudie pieni di paure e dubbi) trovano infine una realizzazione gioiosa o nefasta, una composizione ragionata, teorizzata in forma di evidente apologo. Non è un caso se la camera da letto in cui dorme il protagonista diventi scenario di apparizioni continue, se il suo sonno sia costantemente disturbato, se il giovane chieda che gli si stia accanto perché possa addormentarsi serenamente. Tra umori che richiamano - per aspetti diversi, ma con dinamiche simili - il “Tom à la ferme” di Bouchard (e Dolan), Guiraudie mescola generi: il film inizia come un dramma intimo e familiare, evolve in giallo di provincia à la Chabrol (in cui, però, l’omicidio sembra non avere una vera ragione o averne molte), per poi assumere i caratteri della commedia nera e, in chiusura, della farsa. Il regista non pone limiti alle possibilità del racconto, le espande, le fa rimare con l’assurdo e le reinventa secondo logiche imperscrutabili, giocando con una morale alternativa, in cui categorie, convenzioni e ruoli vengono messi in campo per essere smentiti, rimeditati in chiavi inaspettate (“Misericordia”, recita il titolo originale, un concetto della religione cattolica ribaltato in modo sorprendente). Una lettura di Eros e Thanatos che potrebbe suonare provocatoria se non fosse giocata su toni così leggeri e col consueto amore per i personaggi e i loro corpi lontani dalla perfezione, per un linguaggio insieme letterario e quotidiano, per un paesaggio materico e astratto insieme.
Luca Pacilio, Spietati.it

ALAIN GUIRAUDIE
Filmografia: 
 
No rest for the braves (2003), Le Roi de l'évasion (2009), Lo sconosciuto del lago (2013), Rester vertical (2016), L'innamorato, l'arabo e la passeggiatrice (2021), L'uomo nel bosco (2024)

Martedì 18 novembre 2025:
UNA VIAGGIATRICE A SEOUL di Hong Sang-soo, con Isabelle Huppert, Lee Hye-young, Kwon Hae-Hyo, Cho Yun-hee, Ha Seong-guk

 


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