Stagione 2025/2026 | 18 novembre 2025




UNA VIAGGIATRICE A SEOUL


Titolo originale
: Yeohaengjaui pilyo
Regia: Hong Sang-soo
Sceneggiatura: Hong Sang-soo
Fotografia: Hong Sang-soo
Musiche: Hong Sang-soo
Montaggio: Hong Sang-soo
Interpreti: Isabelle Huppert (Iris), Lee Hye-young (Won-ju), Kwon Hae-Hyo (Hae-soon), Cho Yun-hee (Yeon-hee), Ha Seong-guk (In-guk), Kim Seung-yun (I-song), Kang So-yi (So-ha), Ha Jin-hwa (Ran-hee)
Produzione: Hong Sang-soo per Jeonwonsa Film
Distribuzione: Minerva Pictures
Durata: 90’
Origine: Corea del Sud, 2024
Data uscita: 13 febbraio 2025
Orso d'Argento, Gran Premio della Giuria al 74.mo Festival di Berlino (2024)


Iris è una donna misteriosa che, mentre viaggia alla ricerca di sé stessa, si imbatte in una serie di incontri casuali che mettono in discussione la sua vita e le sue scelte. L’enigmatica viaggiatrice si trova in un contesto straniero; di lei non sappiamo nulla: la troviamo immersa in una quotidianità fatta di piccoli gesti, strambe abitudini e rapporti umani enigmatici. Il suo personaggio è al contempo vulnerabile e distante, una figura che vive un continuo gioco di specchi tra il desiderio di connessione e la paura dell'intimità, costantemente in movimento in un contesto luminoso, arioso, di ampio respiro immaginifico.
Un film con Isabelle Huppert è sempre un film di Isabelle Huppert, ancorché per la terza volta in dodici anni si ritrovi filmata da un regista inconfondibile come Hong Sang-soo. Huppert, che è un’attrice prolifica fino all’esasperazione (poco meno di venti ruoli accreditati dal 2020 a oggi), ha una padronanza del mezzo senza eguali e sa perfettamente quando deve sobbarcarsi il peso di un’intera produzione garantendole credibilità e spessore. Quando, invece, si ritrova con un autore limpido e solido come Hong (un altro cineasta a dir poco fecondo), sembra essere la prima a divertirsi e a uscire dallo scafandro della grande diva europea.
Come i precedenti “In Another Country” e “La caméra de Claire”, anche “Una viaggiatrice a Seoul” (a Berlino 2024 ha vinto l’Orso d’Argento, il quarto in carriera per Hong) consacra il connubio tra attrice e regista come tra i più interessanti nell’esplorare il rapporto tra motion ed emotion, movimento ed emozioni, nei termini di una corrispondenza che elegge le immagini a lingua franca con la quale comprendersi al di là delle parole.
Insegnante francese piombata a Seoul, Iris (cioè Huppert o viceversa) è misurata ed enigmatica: come una novella Alice (nella città), sa che per ritrovare sé stessi non si può che viaggiare in terra straniera, e si imbatte in una serie di incontri casuali che mettono in discussione la sua vita.
Questo percorso personale, sospeso tra diario di viaggio e commedia surreale, viene esaltato da una regia essenziale (poche scene, inquadrature fisse, movimenti minimi, fiducia nel digitale) che contempla la sua protagonista tenendola nascosta in piena vista. Come Huppert sfugge allo sguardo altrui come un fantasma, tiene le distanze dall’intimità, gioca con le aspettative altrui, così Hong ne sa evocare una dimensione quasi ectoplasmatica, eludendo le certezze quanto l’urgenza di offrire le risposte più semplicistiche (Iris esiste? Quel che vediamo è reale?).
Ennesima variazione del tipico minimalismo di un autore abituato a sottigliezze impercettibili, “Una viaggiatrice a Seoul” (“A Traveler’s Needs”, i bisogni del viaggiatore, nel titolo internazionale, più acuto e preciso) si prende i suoi tempi, trova la nitidezza di un racconto stratificato, illumina le cose della vita con la serenità di chi sa che c’è qualcosa oltre la superficie. E Hong sa di poter contare su un’attrice capace di incaricarsi di quella leggerezza con l’autorevolezza di chi, da interprete, può accreditarsi alla pari di chi la sta osservando. Lei è sempre lei, lui fa sempre lo stesso film, a noi va bene così.
Lorenzo Ciofani, Cinematografo.it

(……) “Una viaggiatrice a Seoul” vede ancora una volta Isabelle Huppert abitare le immagini del cineasta sudcoreano come una sorta di incantesimo, di creatura incantatrice apparsa da un’altra dimensione: per tutto il film Iris, il suo personaggio, scriverà su dei cartoncini delle battute in francese per le persone di cui si fa raccontare la storia, i sentimenti, le memorie. Si tratta della maniera con cui la donna insegna la sua lingua ai coreani, esplicitando in queste frasi da far memorizzare quello che le sue allieve le hanno confessato, ma per il resto del tempo tra di loro si parla in inglese: «A volte riusciamo meglio ad esprimere quello che sentiamo dicendolo in un’altra lingua», afferma ad un certo punto. E che il film (in questo, vicino ed opposto ad uno dei capolavori del regista, “Night and Day”) sia un’opera sulla traduzione impossibile dei linguaggi (dire quasi la stessa cosa…) è evidente anche dalle situazioni ricorrenti in cui i personaggi si metteranno a suonare uno strumento, o da quelle - simmetriche, come spesso accade in Hong - in cui leggeranno una poesia scritta su di un muro o di una pietra monumentale. La forma poetica è il riferimento più diretto della struttura del film, in cui come versi o strofe che si intrecciano tra di loro, e come sappiamo succedere abitualmente nelle opere del cineasta, ci sembra di assistere tre volte al ripetersi dello stesso meccanismo, con variazioni che diventano centrali nell’episodio finale, quello in cui a fare le domande non è più Iris ma la madre del ragazzo che la ospita: da dove viene questa donna? Cosa ci fa in Corea? Ancora una volta, nel cinema di Hong Sang-soo non è chiaro quando si sogni ad occhi aperti o si hanno le traveggole, e quanto queste infinite sospensioni siano una pausa dalla “vita vera” e quanto invece ne rappresentino la verità più profonda, senza svelarla mai del tutto. Alle lingue parlate dagli esseri umani si uniscono così i segnali degli animali, cani e gatti già in altre occasioni inquadrati con tenerezza dal regista, e quelli della natura, in alcune straordinarie “distrazioni” (simili a quelle di Iris che puntualmente si allontana quando le sue allieve iniziano a suonare il pianoforte o la chitarra) che la mdp si prende durante i soliti fluviali dialoghi dei film del cineasta (stavolta innaffiati da litri di Makgeolli, il vino di riso coreano), andando a zoomare sulle chiome degli alberi, sul cielo, sui rivoli dei torrenti. D’altra parte, Iris compare per la prima volta nella vita del ragazzo proprio in un parco, suonando il flauto, come un incrocio magico tra una ninfa ed un fauno…
Sergio Sozzo, Sentieri Selvaggi


HONG-SANG SOO
Filmografia:  
The day the pig fell into the well (1996), The power of kangwon province (1998),  Virgin stripped bare by her bachelors (2002), Turning gate (2002), La femme est l'avenir de l'homme (2004), Tale of cinema (2005), Woman on the Beach (2006), Bam gua Nat (2008), Jal Aljido Motamyunseo (2009), Hahaha (2010), Oki's Movie (2010), The Day He Arrives (2011), In Another Country (2012), Nugu-ui Ttal-do Anin Haewon (2013), U ri Sunhi (2013), Hill of Freedom - La collina della libertà (2014), Jigeumeun matgo geuttaeneun teullida (2015), Bamui haebyun-eoseo honja (2017), Geu-hu (2017), Keul-le-eo-ui ka-me-la (2017), Inteurodeoksyeon (2020), The Woman Who Ran (2020), The Novelist's Film (2021), Una viaggiatrice a Seoul (2024), What Does that Nature Say to You (2025)


Martedì 25 novembre 2025:
THE LAST SHOWGIRL di Gia Coppola, con Pamela Anderson, Kiernan Shipka, Brenda Song, Billie Lourd, Jamie Lee Curtis

 

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